G7, manina di Macron sul caso “aborto”. Meloni: “C'è chi fa propaganda elettorale”
Dietro al polverone sul mancato riferimento al diritto all’aborto nella bozza delle conclusioni finali del G7 c’è la manina di Emmanuel Macron. Un tranello fatto scattare in piena notte, durante un vertice tra le varie delegazioni presenti al summit, e dato la mattina seguente in pasto alla stampa affinché si alimentasse la polemica e si puntasse il dito contro il governo del Paese organizzatore: l’Italia. Poi, ieri sera, il presidente francese è uscito allo scoperto: «Conoscete la posizione della Francia. Non facciamo le stesse scelte, la Francia ha inserito nella Costituzione il diritto all’aborto, la libertà delle donne di disporre del proprio corpo. Non abbiamo le stesse sensibilità dell’Italia. Mi rammarico ma lo rispetto perché è il diritto sovrano del vostro popolo. Noi continueremo a difenderlo». A stretto giro è arrivata la replica di Giorgia Meloni, comprensibilmente molto irritata per lo "scherzetto" ordito dal francese: «La polemica sulla presenza o meno della parola aborto nelle conclusioni è totalmente pretestuosa. Le conclusioni di Borgo Egnazia richiamano quelle di Hiroshima (il precedente G7, ndr), nelle quali abbiamo già approvato lo scorso anno la necessità di garantire che l’aborto sia sicuro e legale. È un fatto assodato e nessuno ha mai chiesto di fare passi indietro su questo. Le conclusioni, se non introducono nuovi argomenti, per non essere inutilmente ripetitive, richiamano semplicemente quanto già dichiarato nei precedenti vertici. Non c’è alcuna ragione di polemizzare su temi che già da tempo ci trovano d’accordo. E credo sia profondamente sbagliato, in tempi difficili come questi, fare campagna elettorale utilizzando un forum prezioso come il G7».
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Sono proprio queste ultime parole il cuore della contesa. Macron ha perso le elezioni europee in Francia, doppiato da Marine Le Pen. Messo alle strette ha indetto le elezioni per il 30 giugno, giocandosi il tutto e per tutto. Fonti italiane al G7 fanno notare che è un «caso montato come la panna». Con «il sospetto», o meglio la certezza, «che sia solo una strumentalizzazione elettorale o post elettorale di qualcuno che ha voluto inserire un elemento di disturbo in un G7 che stava andando benissimo».
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La ricostruzione di quanto è successo è la seguente. Le delegazioni dei 7 Grandi stavano lavorando al testo della conclusione finale, quando i rappresentanti francesi hanno bloccato tutto, notando che la parola «aborto» non compariva. Gli italiani hanno fatto notare che venivano richiamati integralmente gli impegni presi a Hiroshima, che riguardano esplicitamente il diritto all’aborto. La Francia ha chiesto di modificare il testo andando oltre. Erano le tre di notte. Per non creare inutili tensioni si è deciso di confermare in toto le parole di Hiroshima. Sembrava tutto risolto. Poi, il mattino seguente. È scoppiato il caso, cavalcato subito anche dalle opposizioni in Italia, con Elly Schlein in testa. Ieri sera mandanti e manine sono state svelate. Macron si sta giocando tutto. E sa che Giorgia Meloni, insieme a Marine Le Pen, sono i suoi più grandi ostacoli per continuare a dare le carte nell’Unione europea.
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