saga dei salis

Ilaria Salis, nano Mammolo e l’insulto di papà Brontolo. Nel silenzio della sinistra

Rita Cavallaro

Il «nano Mammolo» e il papà Brontolo. Dopo le polemiche per l’epiteto rivolto al premier Giorgia Meloni e i tentativi di giocare sul fraintendimento di quelle parole, Roberto Salis, il papà di Ilaria, non solo alza i toni contro i vertici dell’esecutivo, ma in un tweet chiarisce addirittura di non aver alcun rispetto per queste Istituzioni. «Le istituzioni meritano tutto il mio rispetto. Chi ricopre le istituzioni merita rispetto se lo meritano. Nel caso in oggetto i rappresentanti delle istituzioni coinvolte non ne meritano affatto. Fatevene una ragione», ha scritto Salis. Sicuramente, una ragione se la stanno facendo i leader di Avs, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, orecchie da mercante sia sul «nano Mammolo» Meloni sia sul disprezzo di papà Salis per il governo. Come non una parola di solidarietà alla premier donna è arrivata dalle femministe nostrane.

 

  

 

E così Roberto continua a ruota libera a ingaggiare un braccio di ferro che rischia di rendere ancor più indigesta la grande opportunità data a sua figlia Ilaria, fortunata ad aver ottenuto la candidatura, e l’elezione, al Parlamento europeo, rispetto alle centinaia di italiani nella sua stessa condizione nelle prigioni di tutto il mondo. Non pago, papà Salis, intervenuto ieri a Tagadà su La7, ha detto: «Nano Mammolo? Non mi riferivo a Meloni, anche perché avrei detto nana Mammolo. Ma non vedo delle Thatcher nel governo». E giù con i brontolii contro le autorità italiane, che se ne starebbero infischiando di Ilaria e delle azioni da intraprendere per accorciare i tempi dell’immunità. «Per tutti i parlamentari è necessaria la proclamazione, che la scorsa legislatura ha richiesto quattro settimane e mezzo. Dalle fonti che abbiamo in Ungheria, sarebbe sufficiente fornire al giudice un documento che attesti il risultato delle elezioni, certificare che Ilaria ha vinto, e questo consentirebbe di accelerare le cose», ha spiegato Salis, aggiungendo che il documento «lo dovrebbe stilare il governo italiano, adesso non so esattamente quale ministero, ma sarebbe sufficiente che iniziassero a informarsi».

 

 

Oltre a dettare l’agenda al governo Meloni, Roberto ha chiarito di non aver potuto parlare con nessuno dei ministri,«ma ogni tanto mi arriva una telefonata dal ministero degli Esteri in cui mi dicono che vogliono capire se il mio telefono funziona». Manca solo la sortita contro il nano Cucciolo - Antonio Tajani, in quanto impegnato negli scherzi telefonici a Salis. Sicuramente l’attacco frontale il padre di Ilaria lo fa a Matteo Salvini. Parlando del curriculum delle condanne della figlia, Roberto tuona: «Abbiamo quello di un ministro che è peggiore. Perché mia figlia è stata condannata per concorso morale in resistenza a pubblico ufficiale, Salvini è stato condannato per resistenza a pubblico ufficiale». Lui, a 30 giorni per aver lanciato uova, nel 1999, contro l’allora premier Massimo D'Alema. Lei, per aver gettato spazzatura contro i poliziotti, urlando «Mangiate» e «Giusto nella monnezza potete stare», pena: sei mesi. Un altro anno e 20 giorni Ilaria lo ha collezionato per invasione di edifici pubblici. Infine è in corso lo scontro su quel debito di 90mila euro per l’occupazione decennale di un alloggio popolare dell’Aler a Milano. Il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Enrico Marcora, ha lanciato una provocazione: pignorare lo stipendio da europarlamentare per saldare il debito. Ma per i legali di Salis non c’è nulla che dimostri che in quella casa ci fosse l’attivista.