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Toti, toghe rosse in azione: i pm vogliono tenerlo ancora ai domiciliari

Rita Cavallaro
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Salvate il soldato Toti dall’accanimento delle toghe rosse. Da un’inchiesta che in quattro anni non ha prodotto prove della corruzione e che, nonostante tutto, ha portato il governatore della Liguria ai domiciliari. Una misura che per il giudice era legata alla campagna elettorale per le Europee, per «il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri», aveva scritto il gip di Genova, Paola Faggioni, nell’ordinanza con cui ha recluso Giovanni Toti in casa dal 7 maggio scorso. Un’inchiesta a orologeria messa nero su bianco, in un modo che non si era mai visto negli atti della magistratura. Il presidente della Regione, convinto della sua innocenza, ha resistito, difendendo perfino il suo ruolo a capo della Regione che il Pd aveva tentato di strappargli con una mozione di sfiducia finita in flop. E a urne chiuse, la difesa è passata alla mossa naturale: la richiesta di revoca dei domiciliari, visto che il pericolo di reiterazione dei reati ravvisato dal gip con le elezioni sarebbe venuto meno.

 

 

L’avvocato del governatore, Stefano Savi, lunedì ha immediatamente depositato l’istanza. «Senza entrare nel merito della vicenda e delle ragioni della misura cautelare», ha scritto in una nota il difensore di Toti, «riteniamo che, in ogni caso, oggi vi siano le condizioni per la revoca della misura, o, in subordine, per una sua attenuazione. Quanto al rischio di reiterazione del reato, la celebrazione della tornata elettorale supera una delle motivazioni addotte per la misura cautelare». Il gip Faggioni dovrà decidere entro venerdì. Ma la Procura ha già alzato le barricate e sarebbe pronta a esprimere parere negativo alla concessione della revoca.

 

 

Secondo quanto trapela, per i pm titolari del fascicolo, Federico Manotti e Luca Monteverde, Toti deve rimanere agli arresti perché sussisterebbe ancora il pericolo di inquinamento delle prove e quello di reiterazione del reato. Eppure, per il giudice, il governatore della Liguria avrebbe messo la sua funzione a disposizione di interessi privati degli imprenditori, in primis di Aldo Spinelli, durante la campagna elettorale, quando il politico si sarebbe interessato del rinnovo della concessione del Terminal Rinfuse di Genova e avrebbe ricevuto erogazioni liberali, previste dalla legge e regolarmente dichiarate, per finanziare la sua attività politica. Al momento nuove votazioni non sono neppure all’orizzonte. Senza contare che la sua posizione da indagato, lo pone sotto i riflettori degli inquirenti, per cui sarebbe improbabile che possa reiterare i reati, né inquinare le prove di un’inchiesta che non ne ha trovate per quattro anni. Si apre dunque uno scenario inquietante, dal sapore del ricatto politico. E se Toti vuole essere rilasciato, la sua unica possibilità restano le dimissioni.

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