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Schlein batte le correnti e diventa l'anti Meloni. Ora il Pd ha un capo

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Edoardo Romagnoli
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Nonostante una campagna elettorale complicata che veicolava messaggi piuttosto confusi su alcuni dossier fondamentali per l’Unione europea (vedi la questione guerra in Ucraina) il Partito Democratico raggiunge il 23,7% ed Elly resiste agli assalti interni delle correnti. Un risultato che, se da un lato rappresenta un segnale di ripresa per la principale forza di centrosinistra in Italia, dall'altro pone nuove sfide per la sua leadership. Elly Schlein, alla guida del Pd, ha dovuto affrontare pressioni interne notevoli, ma con questo risultato ha respinto gli assalti delle varie correnti interne. Superare il 21% nelle elezioni europee è un segnale chiaro di una base elettorale fedele che vota comunque Pd qualunque cosa accada, chiunque sia candidato e nonostante tutti gli inciampi e le incertezze in cui il partito e i suoi esponenti possano incappare.

 

 

La leadership di Elly Schlein non è stata esente da critiche e opposizioni. Le correnti interne del Pd, da sempre un elemento caratterizzante del partito, hanno continuato a manifestarsi anche in questa fase. Le diverse anime del partito, che spaziano dai moderati ai progressisti, hanno espresso opinioni divergenti sulla direzione da prendere e sulle strategie politiche da adottare. Tuttavia, Schlein ha dimostrato una notevole capacità di mediazione e di inclusione, riuscendo a tenere unito il partito nonostante le pressioni. La segretaria ha puntato su una strategia di rinnovamento e apertura, cercando di coinvolgere non solo gli iscritti storici del Pd, ma anche nuovi elettori (quelli che le hanno permesso di vincere le primaria), specialmente tra i giovani e le donne.

 

 

La sua agenda politica ha messo al centro temi come la lotta al cambiamento climatico, l'equità sociale e la promozione dei diritti civili. Dossier che, almeno a guardare i risultati, hanno convinto l’elettorato Dem e non solo. Il risultato delle Europee accredita il Pd come la principale forza politica e sancisce il vincente nella sfida «a sinistra» fra M5S e Pd. Proprio in questo senso ciò che emerge dai dati è che i democratici hanno potuto, ancora una volta, fare affidamento sul «voto utile». Ossia chi vota tradizionalmente a sinistra ha preferito votare Pd piuttosto che M5S o Avs. Ora però all’interno del partito dovranno decidere se continuare a picconare Elly o affidarsi alla sua guida, con tutto quello che comporta. Il cammino verso un consolidamento definitivo però è ancora lungo e irto di ostacoli che, come sempre al Nazareno, si trovano principalmente fra le mura amiche. 

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