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Meloni denuncia i "finti" migranti: click day, poi nessuno lavora

Dario Martini
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Giorgia Meloni ha il Consiglio dei ministri fissato alle 11,30 di mattina. Ma prima ha altro da fare. Deve recarsi nell’ufficio del procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, per consegnargli un esposto bomba. Riguarda gli ingressi regolari degli immigrati che arrivano in Italia grazie al cosiddetto decreto flussi. Sono gli stranieri ai quali è accordato il permesso di attraversare i nostri confini per motivi di lavoro. Il presidente del Consiglio intende scoperchiare una gigantesca truffa ai danni dello Stato: questi ingressi sarebbero gestiti in larga parte dalla criminalità organizzata che fa arrivare decine di migliaia di migranti con contratti fittizzi o addirittura inesistenti. Un enorme massa di clandestini di cui nessuno parla e che fa impallidire di fronte ai barconi che raggiungono ogni settimana Lampedusa. Dopo aver comunicato tutto a Melillo, Meloni va in Consiglio dei ministri e informa il governo. Per comprendere il fenomeno conviene ricorrere alle parole esatte del premier. Guarda negli occhi i ministrie scandisce: «Oggi ci concentriamo su una questione che riguarda i flussi migratori in apparenza regolari».

 

 

Meloni ricorda che sono definiti da una serie di norme, nello specifico due decreti del presidente del Consiglio del 2022. Ma, soprattutto, dal dl Cutro. Da un anno a questa parte è stato condotto un monitoraggio capillare. «Emergono dati allarmanti». Il capo del governo non ci gira intorno: «Da alcune regioni, su tutte la Campania, abbiamo registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il "click day", totalmente sproporzionato rispetto ai potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese». I numeri non lasciano spazio a equivoci: sui permessi per lavoro stagionale, cioè per lavoro in campo agricolo o turistico-alberghiero, nel 2023, su un totale di 282.000 domande, 157.000 La metà degli stranieri che entrano dichiarando di venire per lavorare sono del Bangladesh arrivano dalla Campania, mentre 20.000 dalla Puglia. La maggioranza proviene dal Bangladesh. Eppure, nel settore agricolo la Puglia ha circa il 12% delle imprese italiane e la Campania solo il 6%. «Ancora più preoccupante», aggiunge Meloni, è il fatto che «a fronte del numero esorbitante di domande di nulla osta, solo una percentuale minima degli stranieri che hanno ottenuto il visto per ragioni di lavoro in base al decreto flussi abbia poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro. In Campania, meno del 3% di chi entra con un nulla osta sottoscrive un contratto. Uno scarto significativo tra il numero di ingressi in Italia per motivi di lavoro e i contratti di lavoro che vengono poi effettivamente stipulati è però una caratteristica che accomuna, anche se con numeri meno spaventosi, molte regioni italiane».

 

 

Cosa c’è dietro? «Secondo noi-spiega il premier-significa che i flussi di immigrati per ragioni di lavoro vengono utilizzati come canale ulteriore di immigrazione irregolare. Ragionevolmente, la criminalità organizzata si è infiltrata nella gestione delle domande e i "decreti flussi" sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale e priva di rischi, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro (secondo alcune fonti, fino a 15.000 euro per "pratica")». Ecco il motivo dell’esposto al procuratore nazionale Antimafia. Ma il governo non resterà fermo. I ministeri di Esteri, Lavoro, Interno, Agricoltura e Turismo sono già al lavoro. Serve una rivoluzione che rafforzi i canali di ingresso speciali e regolari. Dopo il G7 sarà convocato un Cdm ad hoc. «Mi stupisce che nessuno se ne sia reso conto finora», conclude Meloni. Nel mirino la legge Bossi Fini. Sarà inevitabile ritoccarla. «Modificheremo i tratti operativi pur nel rispetto dei principi di quella legge», conclude il premier.

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