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Europee 2024, prove di Ue modello Italia: tutti i papabili ai posti chiave

Edoardo Romagnoli
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A pochi giorni dall’appuntamento elettorale impazza il totonomi per chi guiderà la prossima Commissione europea. Come spesso accade i primi nomi usciti, quello di Mario Draghi e Ursula von der Leyen, sono quelli più a rischio. I motivi sono diversi: Draghi è un nome che piace ma non gode del favore dei partiti dati avanti nei sondaggi. Però potrebbe essere uno dei candidati forti alla presidenza del Consiglio per il dopo Michel. Per Ursula il discorso è diverso, pur essendo la spitzenkandidaten del Ppe non è candidata da nessuna parte alle elezioni europee e paga 5 anni di governo in cui ha raccolto l’eredità delle politiche green di Frans Timmermans contestate in molti Paesi. C’è anche un precedente poco rassicurante per la politica belga. Nel 2019 Manfred Weber era lo spitzenkandidat del Ppe ma venne fatto fuori da Macron e Merkel proprio in favore di Ursula. La figura di Weber per la guida della Commissione è tornata prepotentemente alla ribalta in queste settimane e stavolta le percentuali sono più alte di quando era il candidato designato.

Viene fatto anche il nome di Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ma non sembrano esserci condizioni favorevoli per la nomina della maltese.
Poi ci sono gli altri spitzenkandidaten. Il Pse ha nominato Nicolas Schmit. Renew Europa ha presentato un trio formato da Sandro Gozi, Valerie Hayer e Marie-Agnes Strack-Zimmermann. Coppia di candidati per i Verdi: Terry Reintke e Bas Eickhout.

L’Alleanza Libera Europea ha presentato Raul Romeva e Mayliss Rosberg, mentre Walter Baier è il candidato per la Sinistra. Nessuno di loro ha grandi probabilità di essere eletto alla presidenza della Commissione e questo la dice lunga sull’istituto dello spitzenkandidaten.

Ma passiamo ai candidati italiani. Il primo nome, dopo Draghi, è stato quello del ministro degli Esteri Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe e per anni presidente del Parlamento europeo. Lui ha smentito con forza e cerca di concentrare l’attenzione dei media su altri nomi non tanto perla guida della Commissione ma per ruoli all’interno dell’organo di governo europeo. «Fitto e Giorgetti sono persone che hanno grandi qualità che possono benissimo rappresentare l’Italia all’interno della Commissione europea» ha dichiarato il vicepremier.

Giorgetti ha rimandato al mittente l’investitura per il post Gentiloni: «Ho molto lavoro da fare». Salvini ha bollato le indiscrezioni come «fantasie». Fitto a differenza del ministro dell’Economia ha lasciato una porta aperta: «La domanda sui nomi la vedo lontana, lontanissima. Abbiamo da fare le elezioni, poi verificare quali saranno le maggioranze».

L’ipotesi di vedere uno fra Tajani, Fitto e Giorgetti in Europa sembra remota anche solo per il fatto che costringeBI� ILTE=pe. ' -.rebbe l’attuale maggioranza a una sorta di mini rimpasto. L’altro nome nostrano è quello di Matteo Renzi. Il Machiavelli di Rignano sull’Arno quando si tratta di politica lascia poco spazio all’improvvisazione ecco perché il suo impegno in prima persona nella formazione degli Stati Uniti d’Europa, seppure come ultimo nome in lista, ha destato più di un sospetto. È mai possibile che Renzi si candidi per andare semplicemente a occupare uno scranno all’Europarlamento? Certo è che per avere qualche minima chanche di correre a qualche carica all’interno della Commissione Reinassance di Macron dovrebbe fare il pieno di voti. Dopo il voto i capi di Stato e di governo si riuniranno a Bruxelles il 17 giugno, a cena, tra l’altro senza von der Leyen. In quell’occasione dovranno «spartirsi» le poltrone. Mentre per l’ufficializzazione delle nomine si dovrà attendere il 27 e 28 giugno a Bruxelles.

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