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Giorgia Meloni: "L'Europa di destra ora si può fare. Schlein? Mi copia...". L'intervista di Tommaso Cerno

Tommaso Cerno
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Come una metafora della sua Europa «a un bivio», su Roma prima piove a dirotto, poi spunta un sole tiepido. «Da una parte un’Italia rassegnata, dall’altra un’Italia orgogliosa», scandisce Giorgia Meloni nel giorno della festa della Repubblica. E non dimette i panni da presidente del Consiglio, nemmeno nel rush finale della campagna elettorale: «Voglio sapere dagli italiani se sono soddisfatti del mio lavoro», dice. E sulle critiche di Elly Schlein, dalla «stronza» al personalismo di «vota Giorgia», la premier che vuole l’articolo «il» è tranchant: «Mi fa piacere che alla fine il Pd abbia capito: tante critiche a scrivi Giorgia», affonda Meloni, «adesso Schlein invita a votare solo Elly».

Presidente, fra pochi giorni si voteranno le Europee. Perché lei ha deciso di candidarsi?
«Voglio sapere dagli italiani se sono soddisfatti del lavoro che stiamo facendo, sia a livello nazionale che europeo. L’ho fatto pure perché, oltre ad essere presidente di Fratelli d’Italia, sono presidente dei Conservatori europei e dare più forza a FdI e ai Conservatori significa avere la possibilità di cambiare le politiche europee. Ma l’ho fatto anche perché voglio che sia chiaro il messaggio che, votando Fratelli d’Italia l’8 e il 9 giugno, si voterà per dare ancora più peso all’Italia in Europa. Siamo alla vigilia di un voto decisivo, un vero e proprio bivio». 

Per dove?
«Da un lato un’Europa che in nome dell’ideologia va verso il declino e la desertificazione produttiva, dall’altro un’Europa che sostiene l’economia reale e chi produce e lavora; da un lato un’Europa debole e incapace di incidere, dall’altro quella forte e protagonista sugli scenari internazionali; da una parte un’Europa super-stato burocratico, dall’altra quella dei popoli e delle Nazioni. Da una parte un’Italia rassegnata a un ruolo da comprimaria, dall’altra un’Italia forte, orgogliosa e credibile, che può davvero cambiare l’Europa».

Ha chiesto di scrivere Giorgia sulla scheda. L’hanno criticata da sinistra dicendo che lei è un partito-persona: è così? 
«Se c’è una cosa che, dopo un anno e mezzo di governo, mi rende particolarmente fiera è che per gran parte degli italiani io sono semplicemente "Giorgia" e non il "Presidente Meloni". E questa è, per me, una cosa molto preziosa. Per tanti anni sono stata criticata per le mie origini semplici. Mi è stato rivolto ogni tipo di insulto, ma quello che la sinistra, gli intellettuali organici al Pd e i salotti radical chic non capiranno mai è che io sono fiera di ciò che sono. Sono orgogliosa della mia provenienza e di essere una persona comune, a cui gli italiani potranno sempre dare del tu, senza formalità e senza distanze. Una persona come tante altre, che ogni mattina si alza, va al lavoro e ricopre con serietà e abnegazione il proprio incarico, cercando di costruire un’Italia migliore di quella che ha ereditato».

Non per il Pd...
«Mi fa comunque molto piacere essere riuscita alla fine a far capire tutto questo anche al Pd, visto che dopo tante critiche per quel "scrivi Giorgia" adesso anche la segretaria Schlein invita a votare solo Elly».

Qual è il risultato che si aspetta e che tipo di Europa immagina dopo questo voto?
«Confermare la fiducia che gli italiani hanno accordato a Fratelli d’Italia alle elezioni politiche, dopo un anno e mezzo di governo, sarebbe motivo di grande soddisfazione. E vorrebbe dire che stiamo facendo bene, nonostante la situazione particolarmente complessa che abbiamo ereditato e nella quale ci ritroviamo ad operare. Il voto dell’8 e del 9 giugno sarà decisivo per costruire un’Europa diametralmente opposta a quella che abbiamo conosciuto finora».

Cioè?
«Non vogliamo più una Ue che pretenda di imporci cosa dobbiamo mangiare, quale auto guidare, in che modo ristrutturare la nostra casa, quali abiti indossare e magari anche come scrivere e pensare. Noi vogliamo un’Europa forte e autorevole, che faccia meno cose ma le faccia meglio. Che si occupi, cioè, dei grandi temi, come la politica estera, la sicurezza comune, le catene di approvvigionamento, il contrasto all’immigrazione illegale e le relazioni commerciali. Insomma, che sia protagonista negli scenari di crisi e che poi lasci libertà alle singole Nazioni sui temi che riguardano la vita quotidiana dei cittadini, nell’ottica di quel principio di sussidiarietà stabilito dai trattati europei. È questa la nostra storica posizione e la grande sfida che ci attende».

Negli ultimi mesi lei ha costruito un rapporto con Ursula von der Leyen, utile al Paese (penso ai migranti) ma inviso a una parte del suo elettorato. È più servito o è più pesato?
«Guardi, come lei sa, nel 2019 Fratelli d’Italia al Parlamento europeo non ha votato Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione e in questi anni non abbiamo mai risparmiato critiche, anche aspre, a molti provvedimenti varati dalla Commissione. Quando sono diventata Presidente del Consiglio, ho costruito con Ursula una collaborazione istituzionale, come era doveroso fare nell’interesse dell’Italia, e sono fiera dei risultati che abbiamo ottenuto, anche grazie alla diversa postura che il Governo italiano ha avuto in Europa. Penso al nuovo approccio sulla gestione dei flussi migratori, ma anche al cambio di marcia che siamo riusciti ad imprimere alle varie eco-follie di questi anni, dalle auto al regolamento imballaggi».

E la prossima Commissione può davvero essere diversa?
«Come leader di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei, il mio obiettivo è molto semplice: creare in Europa una maggioranza alternativa a quella attuale, mandando finalmente le sinistre di ogni colore all’opposizione. Vogliamo fare, cioè, esattamente quello che abbiamo fatto in Italia il 25 settembre 2022. Per me "mai con la sinistra" vale a Roma, come a Bruxelles. Noi siamo stati e saremo sempre con il popolo di centrodestra, e questo schema intendiamo portarlo anche in Europa».

A destra, nel frattempo, stanno cambiando alcune cose in Europa: Le Pen si sta un po’ – mi passi il termine – «melonizzando», cioè, sembra più «governativa» di prima. E c’è stato lo strappo con le frange più estreme di Afd. Che succede davvero a destra?
«Questo governo di centrodestra italiano ha dimostrato quanto fossero falsi gli allarmi lanciati dalle sinistre di tutta Europa sui partiti conservatori e di destra. È naturale che di questo nostro grande successo ne giovino anche le altre formazioni europee alternative alla sinistra. Credo che oggi in molti guardino all’Italia come a un modello, ed è proprio questo modello che vogliamo proporre per la guida della futura Europa. Con Marine Le Pen sono molti i punti di contatto, penso in particolare alla difesa dei confini, alla tutela della nostra identità culturale e ad un’idea pragmatica e non ideologica della transizione green».

Crede davvero possibile un governo europeo simile nella sostanza politica a quello che sostiene lei in Italia?
«Se è possibile o no spetta solo ai cittadini europei determinarlo. Sono sempre di più gli europei consapevoli della necessità di una svolta decisa della Ue, ed è proprio chi crede veramente nell’unione dei popoli europei ad essere deluso da quanto fatto da Bruxelles in questi anni».

Ma lo spazio politico esiste?
«Sono convinta che si possa trovare una sintesi virtuosa tra Partito popolare europeo, Conservatori e altre forze politiche di destra».

Anche a Pescara, nella convention di Fratelli d’Italia dove ha lanciato la sua candidatura, lei ha parlato diverse volte dal palco dei «conservatori». Ci spiega cosa può significare questa parola per l’Italia e per il suo partito dopo il voto? Può nascere qualcosa di simile ai Tories inglesi?
«Essere conservatori significa avere la consapevolezza che più sono profonde le radici di un albero più la sua chioma potrà tendere al cielo, così come che una pianta senza radici, per quanto possa essere rigogliosa, sarà spazzata via al primo colpo di vento. Vale per la natura e vale gli uomini. Quello dei conservatori è un progetto politico che si estende in tutta Europa, e non solo, e che ha nei Tories britannici una delle sue più antiche e migliori espressioni. Fatto di valori da proteggere, ma anche di curiosità per l’innovazione e di fiducia nella possibilità di piegare le tecnologie al servizio dei popoli e non viceversa. Essere conservatori vuol dire ancorare le scelte che verranno alla solidità delle nostre esperienze. Un patrimonio di cui siamo tremendamente gelosi, che ci impegniamo a trasmettere ai nostri figli e ai nostri nipoti. Il conservatorismo non è un movimento politico uguale in tutte le Nazioni, non è un monolite ma ha tante sfumature e declinazioni, e noi intendiamo costruire una via italiana».

Premierato. Perché? E fino a dove è pronta ad arrivare? Con il fantasma del referendum Renzi che, certamente, avrà ben tenuto in considerazione. Perché la riforma istituzionale?
«Semplicemente perché in campagna elettorale abbiamo preso un impegno con gli italiani, che ci hanno dato la loro fiducia anche per attuare una riforma costituzionale che preveda l’elezione diretta del vertice del potere esecutivo, dando stabilità al governo e mettendo fine ai giochi di palazzo e alle maggioranze arcobaleno. Noi partivamo da alcune idee, segnatamente dal semipresidenzialismo alla francese, ma abbiamo consultato le varie forze politiche, testato la sensibilità diffusa e il punto di caduta è stato individuato nel premierato in modo da mantenere inalterati l’attuale modello di Repubblica parlamentare e la figura di garanzia del Presidente della Repubblica. Sono convinta che questa sia la riforma più utile all’Italia per avere un futuro di crescita e prosperità. Ora il disegno di legge costituzionale è nelle mani del Parlamento, e se in Parlamento non si arriverà alla maggioranza dei due terzi, saranno gli italiani a decidere. E, come sempre, accetteremo serenamente qualunque decisione presa dal popolo italiano».

Perché voleva fare un confronto elettorale con Elly Schlein? Riconosce in lei la leader dell’opposizione?
«Avevo garantito la mia disponibilità al confronto con la segretaria del Pd, perché lei è il leader della principale forza di opposizione e perché in Europa il confronto sarà tra due grandi blocchi: da una parte, le forze che fanno riferimento al mondo socialista e socialdemocratico, dall’altra, le forze di centrodestra e conservatrici».

Conte ha fatto di tutto per fermare Schlein. Ma cosa le hanno detto davvero Tajani e Salvini sul duello?
«Non sono stati di certo Antonio e Matteo ad impedire che il confronto tra me ed Elly Schlein si potesse celebrare. Peccato, sarebbe stata una buona occasione per i cittadini per capire ancor di più quali sono le visioni del mondo che si confrontano a queste europee».

Salvini ripete che sarà fedele al governo. Ma in questi mesi le posizioni del vicepremier sono diverse dalle sue su molte cose. Come sta davvero il governo?
«Il governo e la maggioranza sono in ottima forma. È fisiologico che in campagna elettorale, soprattutto in una campagna elettorale come quella delle europee che è proporzionale, ogni partito cerchi di sottolineare la propria identità. Ma questo non mette in alcun dubbio la compattezza, la solidità, l’incisività della maggioranza e dell’Esecutivo. E il lavoro che stiamo facendo, mantenendo gli impegni con gli italiani, lo dimostra. Nei giorni scorsi, alle altre riforme che abbiamo già varato, abbiamo aggiunto quella della giustizia. In molti hanno detto che non avremmo avuto il coraggio di farla, ma evidentemente ancora non conoscono la nostra determinazione. Abbiamo smentito anche loro, e approvato in CdM il disegno di legge costituzionale per introdurre la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri e riformare il CSM, per superare il sistema correntizio che ha umiliato la magistratura. È una riforma giusta, necessaria, epocale. Le forze di chi vuole mantenere lo status quo si oppongono? Non abbiamo paura, e siamo al governo per fare ciò che i cittadini ci hanno chiesto».

Sulla giustizia Renzi le fa l’occhiolino. Sulle riforme non ha chiuso la porta. Sono prove tecniche di nuove maggioranze possibili?
«Se ci sono forze politiche in Parlamento che ritengono giusti i nostri provvedimenti, sono libere di votarli e di sostenerli. Questo non vuole certo dire fare inciuci con la sinistra, com’è accaduto in passato. Fratelli d’Italia non governerà mai con la sinistra, in qualunque sua sfumatura».

Lei ha riportato in Italia Chico Forti. Da sinistra la criticano per averlo ricevuto di persona. Perché l’ha fatto e cosa pensa che significhi Forti in Italia?
«Lo abbiamo fatto perché era giusto farlo. Era giusto lavorare per fare in modo che, dopo ventiquattro anni di detenzione negli Stati Uniti, un nostro connazionale potesse tornare in Italia e avere la possibilità di riabbracciare la sua famiglia. Sono fiera di aver fatto tutto quello che potevo, anche grazie al lavoro della nostra diplomazia. E sono fiera anche del fatto che noi non trattiamo gli italiani detenuti all’estero in maniera diversa in base alle loro idee politiche ma ci impegniamo per tutti allo stesso modo e con lo stesso vigore. Quello che abbiamo fatto in questi anni lo dimostra».

Toti è sotto inchiesta. Una bella scossa sulla campagna elettorale. Se la chiamasse per chiederle che fare cosa gli risponderebbe: dimissioni o no?
«Toti ha lavorato molto bene per la Liguria, e io credo che sia giusto attendere che la magistratura faccia il suo lavoro. Personalmente, mi auguro che Toti possa fare luce sulla vicenda e rispondere alle accuse che gli vengono mosse, e da cui si è dichiarato estraneo».

Il Ramadan a scuola, l’esonero dei musulmani da Dante, le moschee abusive, le piazze pro-Hamas, gli imam nelle università: che pensa che stia succedendo?
«Penso che stiamo vivendo un momento di grande complessità, e la nostra società si sta confrontando con un processo di integrazione di culture diverse dalla nostra che, non sempre, sta andando nella direzione giusta. Ma mi consenta anche di sottolineare la schizofrenia nell’approccio della sinistra, che da sempre invoca la laicità dello Stato contro la sedicente ingerenza della Chiesa cattolica, chiede la rimozione dei Crocifissi dagli uffici pubblici e cancella il Natale, ma poi si prodiga per chiudere le scuole in occasione della fine del Ramadan e rimane in silenzio davanti ad un signore che inneggia alla jihad in un’università pubblica».

«Quella stronza della Meloni» è la frase che segnerà questa campagna elettorale. E dalla faccia del Ministro Piantedosi, al fianco di De Luca, nessuno sapeva che lei l’avrebbe pronunciata. Perché l’ha fatto?
«Perché sono stata insultata, e mi sono semplicemente difesa. Ed è vergognoso il silenzio della sinistra, che non ha ritenuto di dire una mezza parola quando il Presidente della Regione Campania mi ha insultata e che ora si scandalizza perché ho osato difendermi. E si commenta da sé il silenzio della segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, che anche in quest’occasione non ha dimostrato il coraggio che ci si aspettava da lei, come leader di partito ma anche come donna, di condannare quello che è successo e di prendere le distanze da De Luca. Rifarei quello che ho fatto cento volte, non solo per me ma anche per tutte quelle donne che bulli e gradassi di ogni genere pensano di poter insultare liberamente. Io penso che una donna che viene insultata abbia il diritto di reagire. E mi piacerebbe sapere se la sinistra è d’accordo con me o se ha un’altra concezione della parità tra uomo e donna».

Volendo, infine, lanciare un appello agli elettori. Ci dica quali sono i primi tre provvedimenti su cui FdI spingerà qualora dovesse essere protagonista in Europa?
«Guardi, non mi è mai piaciuto fare appelli al voto, e non ne farò neanche stavolta. Voglio solo dire agli italiani di scegliere in coscienza chi reputano più adatto a difendere gli interessi nazionali in Europa e a far crescere e prosperare l’Italia. Sono molte le azioni che devono essere portate avanti, dovendone scegliere solamente tre, le priorità di Fratelli d’Italia, in Italia e in Europa, sono: puntare sulla crescita economica e il lavoro, garantire sicurezza ai cittadini anche grazie alla difesa dei nostri confini, sostenere le famiglie e la natalità per contrastare l’inverno demografico europeo».

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