il colloquio
Giuseppe Conte: "Non punto a Chigi. Il duello? Era illegittimo. Schlein così aiuta Meloni"
Giura di non puntare a palazzo Chigi. Né di avere ingaggiato le primarie contro Elly Schlein per guidare la sinistra. Il leader del M5s, Giuseppe Conte, non ci sta. «Chi si candida e inganna gli elettori sono Giorgia Meloni e la leader del Pd», racconta a Il Tempo. E così, mentre gira in lungo e in largo l’Italia, rilancia il reddito di cittadinanza e denuncia il clima da terza guerra mondiale, proprio non ci sta a fare la parte del rosicone, quello che avrebbe mosso mari e monti per far saltare il duello Meloni-Schlein, solo perché teme per il risultato nelle urne: «Era illegittimo e proprio non mi aspettavo che Elly, che denuncia TeleMeloni si prestasse a questo giochetto».
Lei, come Salvini, non si candida alle europee. Ufficialmente perché non potrebbe tenersi il seggio, secondo il Pd perché teme il confronto diretto con Elly Schlein. Come stanno le cose?
«Ho scelto di non ingannare gli elettori. Noi non chiediamo voti quando sappiamo già di non poter rispettare il mandato. Sono proprio questi atteggiamenti ad allontanare i cittadini dalla politica. Chi teme davvero il confronto sono Meloni e Schlein: provano a polarizzare la campagna elettorale intorno ad un duello Tv, ma scappano dal confronto democratico con tutti i leader. L’alternativa a Meloni e alla destra è roba seria, non si costruisce così».
Questa scelta non rischia di penalizzare solo il Movimento?
«La coerenza ha un costo: se la politica deve essere ridotta a pacchetti di voti, mercimonio e interessi di capibastone allora non ci riguarda.
Noi chiediamo il voto garantendo una legislatura europea di trasparenza, lavoro per la pace e incorruttibilità.
Siamo gli unici diversi».
Siete penalizzati dalle regole della democrazia digitale che vi riempiono le liste di sconosciuti? O dal terzo mandato che annulla proprio chi ha una certa esperienza? O andrete avanti su questa strada?
«Questi sono semplicemente i nostri valori identitari, che ci fanno vivere la politica non come professione, ma come servizio da compiere con disciplina e onore, come dispone la Costituzione».
Come si comporteranno i vostri deputati quando saranno eletti? Continueranno a stare nel gruppo misto o sosterranno von der Leyen, con qualsiasi maggioranza?
«I nostri eurodeputati si batteranno per la pace, in un momento in cui il mondo va verso la terza guerra mondiale; si impegneranno per costruire un’Europa più vicina ai cittadini, un’Europa più giusta e solidale, un’Europa diversa da quella immaginata dalla Meloni che ha detto sì a un Patto di stabilità che ci porterà 13 miliardi di tagli, mentre gli italiani oggi fanno fatica apagare le bollette e perdono la casa per le rate dei mutui troppo alte».
Si fa il nome di Mario Draghi come papabile alla Commissione. Si, no, forse?
«In questa fase l’Europa ha bisogno di più coraggio sul fronte di politiche di pace e su quello di politiche sociali inclusive. Dobbiamo guardare avanti e non voltarci indietro».
A sinistra le Europee sembrano primarie di coalizione: da questo voto si capirà chi è il leader dell’opposizione o il campo largo è finito in Abruzzo?
«La questione qui non è Conte o Schlein. L’8 e 9 giugno in ballo c’è il futuro dell’Europa. Siamo a un bivio: siamo chiamati a scegliere tra un’Europa che si affaccia alla Terza Guerra Mondiale e un’Europa che crede nella pace, nel negoziato e in una comunità inclusiva a misura di cittadino. La più grande sconfitta sarebbe lasciare che siano altri a decidere per noi, per questo dico agli italiani: andate a votare».
Lei era contrario al duello tv tra Schlein e Meloni. Perché?
«È una palese violazione della regole democratiche. Di fronte a un voto proporzionale si voleva usare il servizio pubblico per favorire solo due contendenti. Non mi aspettavo che la stessa Schlein, che tanto ha denunciato il regime di TeleMeloni, si prestasse a questo giochetto».
Schlein gioca una partita semplice: arrivare prima dopo Meloni e prendersi l’opposizione. Lei, invece, che partita gioca?
«Io non gioco una partita personale. Con le elezioni europee non ci sono in ballo le ambizioni personali di questo o quel politico, in ballo c’è il futuro dei nostri figli e la possibilità di un presente migliore per i cittadini. Io lavoro per questo».
In Italia il centrosinistra non vince davvero le elezioni dal 2007. E quando le ha vinte era grazie al centro. Se la guida del centrosinistra fosse lei parlerebbe o no con Renzi e Calenda?
«Renzi nei giorni scorsi al Senato è andato di nuovo in soccorso di Meloni e di Giorgetti, impedendo ad una maggioranza spaccata sul superbonus di andare sotto. Su Calenda bisognerebbe prima capire lui da che parte sta, un giorno lo vedo con il campo progressista, il giorno dopo con la destra. Sui territori poi gioca continuamente di sponda, a destra o a sinistra indifferentemente».
Il M5S punta di nuovo sul reddito di cittadinanza, stavolta in formato europeo.
Un Deja vu che funzionò o ci crede davvero?
«Nel 2023 la povertà assoluta ha raggiunto il record storico di 5,7 milioni di individui e questo è un problema grave per il Paese. La Meloni autodefinitasi ‘una del popolo’ di queste persone se ne infischia, come pure rimane indifferente ai lavoratori sottopagati a cui ha negato un salario minimo legale, favorisce le banche e affossa le famiglie soffocate da inflazione e caro-mutui. Per questo ci batteremo per una direttiva europea sul reddito di cittadinanza, ma penseremo anche alle imprese, ormai completamente dimenticate da questo governo. Pensi che il governo ha smantellato Transizione 4.0 senza dare agli imprenditori nessuna alternativa concreta. E intanto registriamo 14 mesi consecutivi di calo della produzione industriale su base annua».
Sulla giustizia gli spazi sembrano stretti per un dialogo con l’opposizione. Che farete?
«Difenderemo la legalità, il rispetto delle regole ovunque, la difesa dei diritti di tutti e della trasparenza. Non ci può essere dialogo con un governo che sta perseguendo un disegno di giustizia debole con i forti e forte solo con i deboli: assistiamo a uno stillicidio di interventi normativi volti ad allentare i controlli e a favorire l’impunità di amministratori, politici e imprenditori dediti al malaffare, mentre da nord a sud si moltiplicano i casi di corruzione e voto di scambio».
Esiste una questione “grillini originali” contro contisti governisti? Oppure è una invenzione della stampa?
«Non esistono grillini o contiani. Esiste il Movimento 5 Stelle, punto. E tutti insieme lavoriamo per far crescere questa comunità. Pensi un po’, danno il loro contributo prezioso persino molti di coloro che per la regola del doppio mandato non sono più in Parlamento».
Beppe Grillo è ancora il leader “culturale” del M5s oppure no?
«Beppe Grillo è il Garante del M5S, il suo apporto in termini di idee, spunti e suggestioni c’è sempre».
Lei ha posizioni diverse dal Pd sulla guerra. In particolare sulle armi. Ci spiega cosa farebbe lei se fosse il premier?
«Mi sarei battuto con grande determinazione in tutte le sedi internazionali per rendere l’Italia protagonista di un percorso negoziale e di un cessate il fuoco su tutti i fronti di guerra. Piuttosto che inviare armi ad oltranza dovremmo inviare mediatori di pace a Kiev e a Mosca, a Tel Aviv e nei Paesi Arabi. Avrei lavorato per una conferenza di pace e per il riconoscimento dello stato di Palestina».
Perché pacifisti convinti come Strada e Tarquinio alla fine hanno scelto il Pd e non il M5S?
«Dovrebbe chiederlo a loro. Ma è difficile che dal loro ruolo di indipendenti possano smuovere l’intero partito dalle posizioni attuali. Quanto a noi, in Europa i nostri parlamentari saranno veri costruttori di pace, come lo sono stati negli ultimi 5 anni battendosi concretamente per un orizzonte di pace».
Siete contrari alla riforma sul premierato?
«Il premierato è un assurdo accentramento di potere su una sola persona. Meloni ora comincia ad aver paura di perdere il referendum: prima ha fatto la gradassa con "o la va o la spacca" e poi ha fatto una inversione a U preannunciando che in caso di sconfitta se ne infischierebbe. Ma si illude. Questa volta Renzi, grande esperto di sconfitte referendarie, ha ragione: dovrà dimettersi».
Non crede che così passa però l'idea che la Costituzione non si possa più cambiare?
«Guardi che sul tavolo ci sono le nostre proposte per risolvere in modo chirurgico i problemi del nostro sistema istituzionale. E le ricordo che le modifiche costituzionali più recenti - tutela dell'ambiente, taglio dei parlamentari e voto ai 18enni per il Senato - sono del M5S».
C’è poi una campagna nella campagna: le amministrative. In Piemonte, come in molte altre città, siete in contrapposizione coni dem. Così non rischiate di fare regali al centrodestra?
«Smettiamola con questa narrazione. Il regalo alla destra, casomai, lo fai accettando di fare un confronto tv solo con la Meloni. Sui territori si va insieme quando si condivide un programma, ci sono temi e obiettivi comuni».
Possiamo dire che Giuseppe Conte punta a tornare a palazzo Chigi? E con quale maggioranza, visto che il Pd non sembra più gradirla come un tempo?
«No, non possiamo dirlo, perché non è questa la mia, la nostra ambizione. Noi ci impegniamo per un paese migliore».