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Chico Forti, crociata al contrario M5s: si battevano per lui, ora si indignano per il rientro

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Rita Cavallaro
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Non sono riusciti ad abolire la povertà e ora provano ad abolire la verità. Pur di non riconoscere il successo del premier Giorgia Meloni, riuscita nell’impresa impossibile di riportare a casa Chico Forti, ora i grillini rinnegano le loro battaglie per l’innocenza del produttore tv, condannato all’ergastolo senza condizionale negli Stati Uniti per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio 1998. L’obiettivo è trasformare il nostro connazionale, ritenuto dagli stessi esponenti del Movimento vittima di un errore giudiziario, in un killer spietato.

Il "lavoro sporco" lo fa Il Fatto Quotidiano con il titolo: «Benvenuto assassino». Una pugnalata per la famiglia Forti. Anche perché il direttore Marco Travaglio aveva ben altre posizioni quando il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il 23 dicembre 2020, annunciò l’accordo per il trasferimento, rivelatosi un flop. Quel giorno il quotidiano a 5 Stelle parlava di «fatto importante» e Travaglio rilanciava la «bellissima notizia» del rientro «dell’ex produttore televisivo ed ex velista italiano».

 

Passati quattro anni e cambiatoil governo, Chico è un assassino, a targhe alterne. Ieri Il Fatto ha rincarato la dose, con lo «Scandalo Forti» e un’intervista all'ex procuratore Antimafia oggi deputato M5S, De Raho: «Meloni svilisce lo Stato: onori alle vittime, non ai condannati». Poco conta che Chico abbia potuto lasciare quella prigione di massima sicurezza di Miami proprio grazie alla famiglia della vittima, dopo una lettera del fratello di Dale, Bradley, che ha chiesto al governo americano di liberarlo perché «è innocente».

 

L’ordine di scuderia è abolire la verità, cancellare con un colpo di spugna ogni abbraccio con i Forti, ogni interrogazione parlamentare, ogni iniziativa messa in atto per salvarlo, prima che arrivasse Giorgia. Riscrivendo la storia e trasformando Chico da cospiratore ad omicida, seppure non sia lui l’esecutore materiale. Certo, la mistificazione è ardua, perché il legame tra i pentastellati e Forti è stretto. Già dal 2012 il compianto giudice Ferdinando Imposimato, idealmente con i 5S che lo volevano presidente della Repubblica, prese la difesa dell’italiano e sottolineato come la condanna fosse «un orrore giudiziario». Nel 2019, durante il Conte I, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, durante una conferenza indetta dai grillini alla Camera per Chico, aveva sottolineato come l’intenzione del governo fosse quella di «non abbandonare nessuna delle strade possibili» per «cercare di far tornare Forti anche se da detenuto» così da «avere il nostro connazionale qui e stargli vicino». Nel mentre una serie di interrogazioni parlamentari, presentate dall’ormai ex deputata del Movimento, Emanuela Corda, che nel 2016 aveva partecipato a una riunione con la famiglia a Trento per valutare le azioni da intraprendere al fine del trasferimento.

Infine Giuseppe Conte, da premier, il 23 dicembre 2020 definiva «davvero una bella notizia» il ritorno (non ritorno) dell’italiano. Un «risultato importante» peril quale si congratulava con Di Maio. Almeno Conte, i complimenti alla Meloni li ha fatti.

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