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Pd, il ritorno del “moviola” Gentiloni: così vuol soffiare il posto a Schlein

Mira Brunello
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La fortuna di chiamarsi Paolo Gentiloni, l’uomo giusto per tutte le stagioni. O meglio la carta nascosta di quello che prova sempre a fare finta di niente, passava per caso. Da giovane giornalista al mensile di Lega Ambiente, a portavoce della prima giunta Rutelli al Campidoglio. Ed ancora da ministro delle Comunicazioni nell’ultimo governo Prodi a capofila dei «renziani» della Capitale. E tutta un’altra serie di medaglie acquisite proprio per quella sua straordinaria capacità di mimetizzarsi e di sbucare all’ultima curva utile (altro che Elly Schlein). Ministro degli esteri nell’esecutivo del giovane ex sindaco di Firenze, poi protagonista dell’incredibile ascesa a Palazzo Chigi, il «Moviola» come antidoto del «rottamatore». Fino all’ultimo traguardo raggiunto: commissario europeo grazie al governo giallo rosso di Giuseppe Conte. Ed ora al termine di quel mandato, che scadrà a novembre, la prospettiva di una nuova vita. Come salvatore del fortino dem o come federatore di un nuovo campo largo. Lui ha già messo in chiaro che non farà il pensionato, riaccendendo le speranze sopite di molti. Per dire che comunque vadano le cose, c’è un «Moviola» nel futuro del Pd.

 

 

La prima ipotesi prevede il passaggio del testimone tra uno «scialbo» Stefano Bonaccini, e per l’appunto l’ex presidente del Consiglio. Il suo recente intervento a muso duro sull’Ucraina ha ringalluzzito gli «orfani» del governatore dell’Emilia Romagna. Almeno sulla politica internazionale, le sbandate di Marco Tarquinio, con lui alla presidenza del partito, sarebbero più difficili. Un tifo che non proviene solo da Lorenzo Guerini ma anche dalla corrente trasversale che sta mettendo in piedi Goffredo Bettini. La carta Gentiloni potrebbe comunque tornare comoda alla stessa Schlein, magari rinfrancata da un risultato elettorale più vicino al 21% che al 20%, ed in cerca di rasserenare il corpaccione dem.

 

 

C’è però anche una seconda ipotesi che gira al Nazareno, uno scenario decisamente più inquietante per la numero uno. Un risultato deludente alle Europee (condito con qualche sconfitta di peso alle amministrative), farebbe scattare un commissariamento di Elly, e l’incoronazione di Gentiloni in modalità Prodi. Con l’implicita candidatura a Presidente del Consiglio alle prossime politiche. Un po’ come successe nel 2018, al termine della sua esperienza a Palazzo Chigi e con un Matteo Renzi imbufalito tornato alla guida del Pd. Il risultato allora fu quello di una debacle, che decretò la nascita del governo giallo verde. Da quella sconfitta, Gentiloni si rialzò sposando la causa di Nicola Zingaretti, e determinando così il suo trasferimento a Bruxelles. Una furbizia tattica, che potrebbe tornargli utile anche con Elly Schlein. Per il «Moviola» c’è sempre il tempo di portare a termine un’azione.

 

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