Pd, così nasce il dopo Schlein: Bettini, Rutelli & Co. con la "matrioska" Conte
Il salotto della sinistra romana si ritrova in casa di Goffredo Bettini, all’Auditorium: l’ultimo libro del kingmaker del Pd romano - «Attraversamenti», PaperFirst è stato presentato in una sala di quella fondazione Musica per Roma che è stata casa sua per anni. Ieri sera, il sapore del caminetto tra vecchi amici ha lasciato spazio a un primo impacciato incontro tra i riformisti di area Dem - incarnati, se vogliamo, da Roberto Gualtieri e Francesco Rutelli - e Giuseppe Conte. Il leader del M5S ha provato a muoversi nel campo minato della storia del PCI con la leggiadria di un pachiderma. «Una componente del Pd che viene dalla tradizione comunista deve ancora fare i conti con quella storia», ha detto l’ex presidente del Consiglio. Davanti a lui, in platea, un pezzo di prima Repubblica si mescola con i nuovi dirigenti della sinistra romana. Ci sono Pierferdinando Casini, Gianni Letta, Fausto Bertinotti, Angelo Piazza, Franca Chiaromonte, Roberto Morassut, Nicola Zingaretti, Marco Tarquinio, Claudio Mancini, Matteo Ricci, Marco Pacciotti. Ma anche Francesco Storace che rende omaggio all’amicizia dell’autore con Augello.
La rivolta pacifista di Strada e Tarquinio spaventa i vertici del Pd
Il sindaco Gualtieri introduce il tema: «Nel libro ci sproni a saper ascoltare il punto di verità in tutti gli interlocutori, perfino negli avversari». Poi Rutelli apre le danze: «Sono qui per testimoniare che gli attraversamenti dell’amicizia sono uno spazio di libertà, in un tempo in cui cresce l’incattivimento delle coscienze. Chi guida ha la responsabilità di tenere unita la squadra, di tenere insieme un gruppo di persone. Il gioco di squadra funziona tenendo insieme persone anche molto diverse tra loro. I progressisti non sono autosufficienti», dice. A nessuno sfugge l’assenza di Elly Schlein. E non c’è nessuno della sua segreteria. Sembra quasi che Rutelli si rivolga proprio a lei, o più in generale alle nuove leve Dem. Ricorda Taillerand a cavallo tra aristocrazia, popolo, borghesia, quando sospirava: «Non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla». E Rutelli sottolinea: «Credo che questa espressione valga per il centrosinistra. Abbiamo dimenticato moltissimo in questi trent’anni, Cos’è che non abbiamo imparato? La vera eredita politica di Berlusconi, tenere insieme una coalizione all’interno della quale le differenze sono abissali ma dove non si mette in discussione la tenuta. Il centrodestra vince perché sa rimanere unito». La conclusione di Bettini è tutta politica: «Si vince se si sanno tenere insieme storie diverse, sensibilità distanti». Sembra un richiamo ufficiale alla segretaria, che in effetti nessuno si è premurato di evocare.
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Giuseppe Conte, a cui Bettini tributa grandi onori, sta al gioco. E forse va oltre: «Col Pd l’impegno unitario non è discutibile. Ma non possiamo affidarci alla necessità, dobbiamo metterci in condizione di descrivere una traiettoria di contenuto che nasce dal dialogo». E però questo dialogo deve svolgersi avendo «risolto un tema di identità». Quali? Anche Conte se la prende con la sinistra Pd, cita Ingrao «che non ho mai potuto conoscere» ma per rimproverargli «di aver appoggiato la repressione di Budapest», i fatti del ’56.
Parte da lontano per assestare il colpo: «C’è una parte del Pd irrisolta. Forse chi viene dalla tradizione comunista non ha fatto i conti con il comunismo», insiste. La sala mugugna, Zingaretti si alza e esce. Pochi secondi dopo se ne va anche l’ex ministra Valeria Fedeli. La manovra a tenaglia si legge in filigrana. C’è un’ala riformista che tramite Bettini dialoga con Conte e prepara, dietro le quinte, il terreno per dare il benservito a Elly Schlein. Il ritorno in patria di Paolo Gentiloni, al più tardi a ottobre, può segnare l’apertura di una fase congressuale di cui ieri, all’Auditorium, si sono viste le premesse.