Caso Bari , la difesa di Emiliano: "Perché parlai con la sorella del boss"
«Bari vecchia aveva il soprannome di scippolandia e questa situazione, che contrastava con l’efficienza della repressione investigativa, passò il segno quando fu ucciso Michele Fazio, un ragazzo di 16 anni. Questo omicidio provocò una tale indignazione da mettere la città in movimento verso una presa di coscienza che mi coinvolse, nonostante il mio convincimento che l’esercizio dell’azione penale fosse sufficiente a cambiare il mondo. Ecco perché quando sono stato eletto nel 2007 ho creato una struttura ad hoc. Dal 2007 la Giunta ha stabilito l’automaticità della costituzione come parte civile nei processi, negli ultimi 20 anni sono stati destinati al Comune 140 immobili confiscati alla mafia, su esplicita manifestazione di interesse, per scopi sociali e per far fronte all’emergenza abitativa». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in commissione Antimafia alla Camera.
Puglia, Conte scende in campo per salvare Emiliano dai guai
Sull'incontro con la sorella del boss al quale partecipò col sindaco Decaro, il governatore della Puglia assicura che "fu organizzato per imporre regole e c'è stata una strumentalizzazione". «Sono andato dalla sorella di Antonio Capriati per ribadirgli con grande serenità e determinazione che le regole non le facevano più loro a piazza San Pietro, sui parcheggi e sul parco ma le facevamo noi. Anche sul rilascio degli immobili, specificai che se non avesse rilasciato gli immobili in modo bonario li avremmo comunque liberati». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in commissione Antimafia alla Camera. «Parliamo di episodi di 10 e 15 anni fa di cui non ricordavo nulla e non escludo di aver detto delle cose imprecise. Se Decaro afferma di non essere stato lì con me, probabilmente ha ragione lui». «Sono stato a casa di moltissime donne, non meglio precisate perché non conoscevo tutti - ha sottolineato Emiliano - L’evento in questione fu un evento come tutti gli altri per imporre il rispetto delle regole anche a chi non aveva capito il significato politico e sociale dell’amministrazione che io guidavo. È evidente che utilizzavo la mia storia personale, perché mentre gli altri, dalle forze di polizia ai sindaci precedenti, facevano fatica a farsi riconoscere questo ruolo, io giravo per tutta la città nel pieno rispetto di tutti. A me i cittadini chiedevano, mi ero ritrovato praticamente a fare il sindaco, e non è stata una cosa decisa da noi, ma un movimento cittadini che chiedeva un cambiamento».