Meloni scende in campo: "Una Ue senza sinistra. E scrivete solo Giorgia"
Eccoli, gli obiettivi: «Vogliamo che l'Italia sia centrale per cambiare quello che non funziona in Europa». E ancora: «L’Italia può fare la differenza». Giorgia Meloni chiude la kermesse programmatica di Fratelli d’Italia fissando un traguardo politico, ovvero avere i numeri per innescare il cambiamento nell’UE. Con un pre-requisito fondamentale: «Portare anche in Europa il modello italiano, sarebbe una rivoluzione in cui il partito dei conservatori è strategico e fondamentale». Dunque: «Vogliamo creare una maggioranza che metta insieme le forze di centrodestra e mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue. È una impresa difficile ma possibile e dobbiamo tentare». Questo lo afferma nella sua triplice veste: Presidente del Consiglio Italiano, leader di Fratelli d’Italia e della famiglia dei conservatori europei. Che sarà in pista per le urne di giugno. Il momento clou, infatti, arriva alla fine del discorso, che supera abbondantemente l’ora (una settantina di minuti). «Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fratelli d’Italia in tutte le circoscrizioni elettorali», dice, suscitando gli applausi della sua platea. Il modello che ha in mente per la nuova Europa, quindi, poggia su due gambe: la famiglia dei Conservatori e quella Ppe. Basta con i Socialisti.
Scrivere sulla scheda delle europee solo "Giorgia"? Ecco perché si può fare
In questo lungo discorso dal podio assediata dagli otoliti («sono sull’ottovolante», avvisa all’inizio). Sulla sua candidatura, poi, lancia un invito: «Chi mi vota può scrivere nella scheda solo "Giorgia". Mi rende orgogliosa che i cittadini continuino a chiamarmi Giorgia. Quello che la sinistra "colta" non ha mai capito è che io sono e sarò sempre una persona del popolo. Il palazzo e il potere non mi cambieranno e non mi isoleranno».
Il discorso contiene diversi piani. C’è la contrapposizione rispetto ai «salotti chic», ai detrattori che, con invista dell’arrivo del centrodestra al governo, preventivavano sfaceli per il nostro Paese. Invece, spiega, «l’Italia è tornata, protagonista in Europa, nel mondo, dopo il servilismo della sinistra e il cerchiobottismo dei Cinque Stelle».
In questo protagonismo rientrano anche le scelte in politica estera, «come sostenere il popolo ucraino che combatte per la propria libertà contro l’imperialismo neosovietico di Putin». E aggiunge: «Lo facciamo perché vogliamo la pace ma sappiamo anche che la pace si costruisce con la deterrenza, non con le bandierine colorate sventolate nelle piazze e neanche con il cinismo di chi scrive nel proprio simbolo la parola pace per tentare di raccattare qualche voto in più sulla pelle di un popolo martoriato». Questo passaggio sul cinismo è una chiara staffilata a Giuseppe Conte e la scelta grafica del suo logo di partito.
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L’altra parte è la rivendicazione di quanto fatto, a partire dall’economia: «In questi mesi gli occupati sono cresciuti di oltre mezzo milione, abbiamo toccato il record di occupazione, di occupazione femminile, contratti stabili. Diminuisce la disoccupazione: diminuisce chiaramente non vuol dire che vada tutto bene, vuol dire che le cose vanno meglio di prima, vuol dire che siamo più credibili di prima».
E poi ci sono le macroquestioni, di cui Il Tempo aveva fornito ieri qualche anticipazione, che proiettano lo sguardo alle elezioni europee. «L’Italia ha già cominciato a cambiare l’Europa e non mi riferisco solo all’immigrazione, ma anche al coraggio che abbiamo avuto nel mettere in discussione alcuni totem del green deal europeo». Dal primo punto di vista, rivendicala scelta di cooperazione con Tunisia, Egitto, Albania. Per quanto riguarda il governo di Tirana, entra sulla polemica riguardante il servizio della trasmissione Report: «Aiutatemi a mandare a Edi Rama (primo ministro albanese ndr) la nostra solidarietà per venire linciati solo per aver tentato di aiutare la nostra nazione». E poi attacca la Elly Schlein, chiedendole una «parola chiara» sul contrasto agli schiavisti. E a proposito della leader Dem, aggiunge: «Siccome, per fortuna, non sono la segretaria del Pd, penso di poter confidare nel fatto che il mio partito mi darà una mano in questa campagna elettorale».
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Sul green deal, poi, afferma: «Il conservatore difende la natura ma anche l’uomo che ci vive dentro. Chiediamo un approccio pragmatico non ideologico, non dirigista, aperto al mercato, all’innovazione. Sono gli stessi principi che abbiamo difeso quando ci siamo battuti contro la direttiva europea sulle case green». Altro tema, il fattore demografico e il contrasto alla natalità. Dunque, ai blocchi di partenza. In una giornata che ha segnato il colpo d’occhio anche dell’unità della coalizione. Con gli alleati Cesa, Lupi e Tajani che intervengono dal palco. Salvini invece da remoto per motivi familiari. «Ha preferito il ponte a noi», ironizza, poi aggiunge subito «scherzo». I due poi si sentono al telefono. A riprova che la campagna elettorale differenzia sì, ma non separa.