caso profumo
Fassino e il primo sospetto 45 giorni fa. Inseguito dalla sicurezza ma si dileguò
La prima volta si sarebbe mischiato alla folla, la seconda lo avrebbero bloccato e avrebbe poi pagato, la terza è scattata la denuncia. Sono le avventure di Piero Fassino al duty free del terminal 1 di Fiumicino, iniziate circa un mese e mezzo fa e culminate il 15 aprile con il fascicolo per il furto del profumo. Secondo fonti interne, il deputato del Pd, quindi, avrebbe già due precedenti.
La prima volta, Fassino avrebbe giovato del fatto che il duty free fosse pieno di clienti e si sarebbe diretto all'uscita con un profumo in tasca. Scattato l’alert dell’antitaccheggio, la sicurezza si sarebbe lanciata all’inseguimento, ma lui si era già dileguato, confondendosi tra la gente. Un paio di settimane dopo, quando è entrato di nuovo in negozio, la vigilanza, memore dell’episodio antecedente, lo teneva d’occhio. Fassino si sarebbe fatto scivolare in tasca un altro profumo ma, beccato, si sarebbe scusato, garantendo che non aveva intenzione di rubare. Così il duty free ha chiuso la questione, con il pagamento dell’eau de toilette. Il 15 aprile, infine, Fassino torna in profumeria ed è nel mirino. Si intasca la confezione di Chanel e si dirige verso l’uscita, ma la sicurezza lo ferma. E scatta la denuncia.
Di storie dedicate all’arte (poco nobile) della «sparizione degli oggetti» le biblioteche sono piene: su Il Tempo il 7 dicembre del 2021 avevamo parlato di una persona, evidentemente cleptomane, capace di mettere sotto scacco le case dei vip romani e numerosi negozi di griffe della moda. Non era Fassino, ma una donna, anche lei di sinistra. Scrivevamo: «Nessuno ha mai denunciato i fattacci, anche per l’importanza della personalità e dei ruoli rivestiti nel corso degli anni». Già, perché si tratta di una signora «professionalmente ineccepibile nella vita quotidiana quando deve risolvere i problemi degli altri, ma con un vizietto tutto suo, che poi è quello di rubare». Quando è tornata per la seconda volta nello stesso negozio, la vigilanza ha «alzato le antenne» evitando un furto bis e mostrandole il filmato della precedente «visita»: a quel punto, anche grazie all’evidente solvibilità del soggetto, tutto è stato accomodato con il pagamento del bene di lusso depredato in passato nello stesso store. Una storia che si ripete spesso, perché secondo quanto raccontano i criminologi e gli esperti di security nel settore commerciale «i cleptomani amano tornare più volte negli spazi che conoscono e dove già hanno sperimentato con "successo" i loro assalti. Ma ora quasi tutti i negozi vantano servizi di registrazione video che individuato il colpevole e alla seconda visita scatta l’allerta».