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Europee, manca solo l'annuncio di Meloni candidata. Domani il Giorgia-day

Pietro De Leo
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Il nucleo politico della tre giorni programmatica di Fratelli d’Italia sarà domani, quando parlerà la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e scioglierà la riserva sulla propria candidatura alle europee. Il sì pare ormai l’ipotesi più accreditata, ma l’attesa è comunque tutta lì, così come il cuore del racconto giornalistico. «Entro il primo maggio ci sarà una risposta», si schermisce Giovanni Donzelli, deputato e dirigente di primissimo piano di Fratelli d’Italia, intervenendo ad Agorà. A margine della kermesse abruzzese, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida spiega: «Giorgia Meloni è la leader del nostro partito nonché la prima donna che è riuscita a permettere alla nostra Nazione di modernizzarsi, dimostrandone il valore. Avere una donna, spero, come lei alla guida della nostra lista in tutta Italia, permetterà anche di confermare la grande fiducia che gli italiani hanno in lei».

 

 

L’eventuale sì alla corsa contiene un certo novero di significati. C’è sicuramente il tema più immediato, il colpo d’occhio, ovvero il raffronto politico, elettorale, di impatto sull’opinione pubblica con Elly Schlein, la segretaria del Pd che qualche giorno fa ha assunto la sofferta decisione (non condivisa da tutto il suo partito) di candidarsi. Un dualismo che potrebbe raggiungere la cuspide in un faccia a faccia televisivo il cui svolgimento aleggia da mesi. Poi c’è il «test» del consenso dopo quasi due anni di governo, e tante cose in mezzo. Due manovre economiche difficilissime, anche alla luce del lascito ricevuto (tradurre: Superbonus) e delle scelte della Bce sui tassi di interesse che hanno ristretto di molto i margini di manovra della nostra politica economica. Un quadro di politica estera altrettanto complesso, con riverberi interni sulla tenuta dell’ordine pubblico che ha visto l’antagonismo rialzare la testa con il pretesto del riacutizzarsi della crisi medio orientale. In tutto questo, fino a questo momento il consenso di Fratelli d’Italia non ha subito scosse significative, la maggioranza, al di là di qualche fisiologica asperità, trova sempre la sintesi sui punti fondamentali e non c’è alcuna crepa nella tenuta.

 

 

In questo cammino, si somma poi una serie di vittorie riportate dal centrodestra sul territorio, e solo l’inciampo sardo, in questo anno e mezzo, ha impedito il cappotto per otto a zero nelle regioni. Il risultato delle europee servirà a consolidare tutto questo e ad aprire i giochi sulla maggioranza comunitaria che verrà. Giorgia Meloni è leader della famiglia dei conservatori, che potrebbe risultare determinante nei prossimi equilibri. Stando ai sondaggi, sarà il Ppe (che nel nostro Paese vede come maggior referente Forza Italia) ad avere probabilmente la chiave d’accensione per dare il via alla tornata di nomine (cioè avrà la prima e l’ultima parola sul Presidente della Commissione) ma l’interlocuzione con alcune forze dei conservatori (nell’altro gruppo di destra, Identità e democrazia, l’unico partito potenzialmente dialogante sarebbe la Lega ma ad oggi non c’è stato alcuno scongelamento) si potrebbe rivelare fondamentale per marginalizzare i socialisti. In questi ultimi mesi, la collaborazione di Giorgia Meloni con Ursula von der Leyen ha aperto a una dinamica di questo tipo. Ma è ancora tutto prematuro. È una questione del «dopodomani». Aspettando domani, intanto, a Pescara si fanno i conti sui numeri della kermesse: 135 relatori nei vari panel, 2200 delegati, 150 volontari di Gioventù Nazionale. Un impegno per serrare i ranghi.

 

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