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25 aprile, viaggio nella comunità ebraica: "Queste piazze ci fanno paura"

Aldo Torchiaro
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Nei cortei del 25 aprile di quest’anno ci sarà un convitato di pietra. La Brigata Ebraica, con la Stella di Davide nelle sue bandiere, è ospite sgradita. Una parte dei manifestanti non li vuole e si parla già di un doppio cordone di sicurezza, intorno agli ebrei. E dire che da sempre la Brigata Ebraica, in ricordo del contributo dato dagli ebrei alla Liberazione, ha fatto parte dei cortei. Quest’anno gli antifascisti si professano anti-sionisti e minacciano tensioni. Le avvisaglie ci sono tutte: a Roma e Milano compaiono i primi manifesti dove i partigiani vestono le divise di Hamas. E il Movimento degli studenti palestinesi, che a Roma ha annunciato la sua presenza in piazza a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana, potrebbe cogliere l’occasione per un’azione dimostrativa. «Quest'anno la Liberazione non può essere all’insegna di una sfilata ipocrita. È in corso un genocidio in Palestina, quindi non permetteremo che sia esposto e associato alla Resistenza nessun simbolo sionista», spiega la presidente del movimento studentesco, Maya Issa, la quale chiede alla comunità ebraica di «prendere le distanze dallo Stato israeliano».

 

 

Per manifestare contro il fascismo, viene dunque preso a bersaglio l’unico paese democratico del Medio Oriente. Ma tant’è. La Prefettura ha convocato il tavolo per la sicurezza e la Questura è in costante contatto con le organizzazioni ebraiche. «Abbiamo visto le anticipazioni, saremo serenamente nel percorso e non abbiamo intenzione di discutere con nessuno», dice al Tempo la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni. «Faremo pochi metri, quest’anno. Andremo dal cimitero acattolico a Porta San Paolo, un percorso breve e lineare. Ci dedichiamo a un momento di ricordo e di rispetto». La contestazione però, anche in quei pochi metri, rischia di tramutarsi in aggressioni. «Intorno a noi urleranno? Urlino quanto gli pare. Noi andremo dritti e poi andremo a via Tasso. Per noi è un atto di coerenza, un dovere visto quello che abbiamo contribuito a dare alla storia d’Italia. Le altre contestazioni non ci interessano e lo dico fin d’ora: non è quella la sede per farle». L’allerta è alta. Il rischio è reale. «Serpeggia un po’ di preoccupazione». È Emanuele Fiano, l’ex deputato dem che ha tenuto a lungo le fila del dialogo tra la politica e le comunità ebraiche, ad ammettere che la preoccupazione, alla vigilia del 25 aprile, è altissima.

 

 

Il presidente della Comunità ebraica milanese, Walker Meghnagi, è categorico: «Non parteciperò assolutamente a nessun corteo. L’anniversario della Liberazione appartiene al popolo italiano, ma quest’anno sarà una manifestazione politica e non una festa come dovrebbe essere», taglia corto. L’avvocato Iuri Maria Prado, che rappresenta l’associazione 7 Ottobre, rappresenta il quadro a tinte fosche: «Nell’Europa che fu della Shoah e nell’Italia che scrisse le leggi razziali gli ebrei, ottant’anni dopo, devono nascondersi e temere per la loro incolumità. Non si può accettare la menzogna dell’anti-sionismo, siamo davanti a un pregiudizio antisemita». Dalla politica ci si inizia ad accorgere del rischio di una piazza fuori controllo. Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ammonisce: «Ci auguriamo che il 25 aprile non venga trasformato nella festa della Palestina, ma sia appunto la festa della Liberazione. Sarebbe intollerabile un atteggiamento antisemita verso chi in questo giorno è protagonista». Alla scorta della polizia si aggiunge quella personale di Carlo Calenda: «Saremo accanto alla Brigata ebraica perché nessuno può vietare loro di partecipare al 25 aprile», ha detto il leader di Azione. E Chicco Testa, ora presidente di Assoambiente, sul suo profilo X scrive: «Quelli che buttano fuori gli ebrei dalle università (USA) e vogliono impedire alla brigata ebrea italiana di sfilare il 25 aprile come li chiamiamo? Io dico che sono fascisti».

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