Schlein, il nome sul simbolo: così il Pd ritorna leaderista. L'ira di Prodi
Dal partito collettivo al partito personale è un attimo. La proposta di Stefano Bonaccini di mettere il nome di Elly Schlein nel simbolo del Pd in vista delle Europee ha scatenato le reazioni in primis dei Dem. Uno dei primi a criticare la scelta è stato Romano Prodi: «Queste sono ferite della democrazia, scava un fosso per cui la democrazia non è più amata. Perché dobbiamo dare un voto a una persona che, se vince, di sicuro non ci va (al Parlamento europeo, ndr.)?». Anche Gianni Cuperlo si è detto scettico e rivolgendosi direttamente a Schlein ha dichiarato: «Elly, tu non sei Giorgia Meloni, Matteo Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, Calenda. Sei meglio di loro e vieni da una cultura diversa». In realtà la scelta di Schlein è strategica nell’ottica della polarizzazione, fenomeno endemico alle Europee. Lei e Giorgia Meloni stanno provando a rendere questa tornata elettorale una corsa a due: la prima sfida sul campo fra le due donne protagoniste dello scenario politico italiano. Anche se l’inquilina del Nazareno non può permettersi di esplicitare il concetto e infatti nelle sue dichiarazioni ripete: «Mi candido per dare una spinta a questa meravigliosa squadra e ad un progetto collettivo di cambiamento del Pd e del Paese». Tutto bello peccato che una volta eletta cederà il posto rimanendo alla Camera dei Deputati. «Io naturalmente resterò qui, da segretaria, nel confronto quotidiano in Parlamento con Giorgia Meloni e le sue scelte scellerate per l’Italia. Se vinciamo noi l’alternativa è già domani, forza».
Prodi molla Schlein: "Non è questo il modo", scatta la faida nel Pd
A non convincere è la tempistica della proposta: la discussione, ha sottolineato ad esempio Giuseppe Provenzano, non andava aperta oggi, ma dopo le Europee e inserita in un lavoro più ampio sull’organizzazione del partito e del suo modello. Un sassolino dalla scarpa se lo è tolto anche Matteo Renzi che ha sottolineato come «nel 2014 il mio Pd non mise il nome nel simbolo e il segretario nazionale non si candidò per finta alle Europee. Nel 2024 accade il contrario. E tutto quelli che in questi anni mi hanno attaccato oggi che dicono?». Ovviamente ci sono anche i favorevoli, fra tutti Francesco Boccia capogruppo al Senato del Pd: «Io penso che il nome della segretaria nel simbolo serva, per queste elezioni, a confrontarsi con Giorgia Meloni e a garantire quel valore aggiunto, nella competizione europea, che tutti le riconoscono». Ma andiamo ai nomi. I capolista: Elly Schlein (Centro e Isole), Stefano Bonaccini (Nord est), Cecilia Strada (Nord ovest) Lucia Annunziata (Sud). Nel Nord ovest i candidati sono, nell’ordine: Cecilia Strada, Brando Benifei, Irene Tinagli, Alessandro Zan, Antonella Parigi, Giorgio Gori, Eleonora Evi (neo acquisto da Avs), Piefrancesco Maran, Elena Cossato, Davide Mattiello, Monica Romano, Emanuele Fiano, Lucia Artuss, Fulvio Centoz, Donatela Alfonso, Fabio Pizzul, Luca Giaiè.
"Non sei la Meloni", rivolta contro Schlein: la moosa che scatena le correnti
Nel Nord est: Stefano Bonaccini, Annalisa Corrado, Ivan Pedretti, Elisabetta Gualmini, Alessandro Zan, Alessandra Moretti, Giuditta Pini, Silvia Panini, Antonio Mumolo, Sara Vito, Marcello Sartarelli, Andrea Zanone. Nel Centro la spunta Nicola Zingaretti al secondo posto dietro la leader, Camilla Laureti, Marco Tarquinio, Beatrice Covassi, Dario Nardella, Daniela Rondinelli, Matteo Ricci, Umberto Insolera, Alessia Morani, Marco Paciotti, Antonio Mazzeo. Nel Sud oltre Annunziata Schlein non rinuncia ad Antonio Decaro e Pina Picierno, che aveva polemizzato con il partito quando sembrava che non la volessero candidare. Poi ci sono Sandro Ruotolo, Jasmine Cristallo, Shady Alizadeh, Giuseppina Paterna, Anna Maria Beci, Francesco Forte, Luigi Tassone, Lello Topo, Francesco Todisco. Nelle Isole dopo Schlein, c’è Antonio Nicita, Livia Pilotta, Pietro Bartolo, Angela Quaduero e Pino Lupo.