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Pd, a Firenze la paura fa 90: il "caso arabo" su Schmidt è un boomerang

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Christian Campigli
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La paura è sempre stata una pessima consigliera. Una massima, quella resa arcinota dallo scrittore bolognese Giorgio Bassani, che la sinistra fiorentina evidentemente non conosce. Terrorizzata dalla (concreta) possibilità di perdere a Firenze, città nella quale, fino a cinque anni fa, non esisteva alcuna possibilità di contesa per il centrodestra. E così l'edizione locale di Repubblica è uscita questa mattina con un titolo ad effetto: “Tra Schmidt e Fdi cortocircuito saudita per una consulenza”. Alla base della inesistente tensione tra il candidato a Palazzo Vecchio e il movimento fondato dal Premier italiano.

 

“Un lavoro il Riyad Art Program. Meloni attaccò Renzi per i rapporti con la monarchia araba”. Un attacco scomposto, forse una polpetta avvelenata girata da ambienti dem per metterla in caciara, per creare un caso sulla panna montata. L'ex direttore degli Uffizi, per nulla innervosito, ha replicato a margine della presentazione dei candidati al consiglio comunale di Fdi. “Le mie consulenze con l’Arabia Saudita? Io sono stato nominato membro del comitato scientifico di un progetto per abbellire la città di Riyad con arte contemporanea e con scultura contemporanea in quanto specialista in museologia e scultura. Mi hanno nominato, non sono stato l’unico direttore di un museo italiano, anche Cristiana Collu che all’epoca dirigeva la Galleria nazionale d’arte moderna a Roma. Questa richiesta degli arabi è stata veicolata dal ministero per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale al ministero della cultura. È stato tutto fin dall’inizio una cosa del tutto trasparente, non c’è stato nessun mistero su questo, è stata pubblicata sul sito delle Gallerie degli Uffizi, ed è un qualcosa che ci dà la possibilità come Italia di avere finalmente una voce in paesi strategici per promuovere l’arte italiana, per avere connessioni internazionali. Questa attività del comitato scientifico si è fra l’altro interrotta nel 2022 e quindi è una cosa che attualmente, negli ultimi due anni, non ho fatto. Fratelli d’Italia sapeva della cosa, è un qualcosa che ho fatto per l’Italia, ed era fin dall’inizio nota pubblicamente. Se ora è qualcosa di interrotto? È sospesa già da tempo per vie delle esigenze arabe”.

 

Ma non basta. Giovanni Donzelli, il politico che, più di ogni altro, ha voluto lo storico dell'arte alla guida della coalizione di moderati per conquistare l'ultimo dei fortini rossi ancora esistenti, ha spiegato la sostanziale differenza tra l'incarico del nativo di Friburgo e quello del leader di Italia Viva. “Schmidt è stato invitato dal governo italiano, a quell'epoca di maggioranza Pd, ad andare a fare gli interessi dell'Italia e degli Uffizi in Arabia Saudita. Renzi è un leader di partito, rappresentante del popolo italiano in Parlamento e sappiamo che prende più soldi dall'Arabia Saudita che dallo stato italiano. Uno, pur non essendo italiano in quel momento e rappresentante del popolo, è stato invitato dal governo italiano sui temi dell'arte con l'Arabia Saudita - ha aggiunto il responsabile nazionale dell'organizzazione di Fdi -, l'altro ci chiediamo se fa gli interessi dell'Italia o dell'Arabia Saudita. Uno ha reso grande l'Italia in Arabia Saudita, l'altro ci stiamo chiedendo cosa sia successo e chiediamo trasparenza. Sapevamo che Schmidt ha dei rapporti internazionali importanti, ha collaborato con l'Arabia, è stimato a New York, è chiamato a Londra, in Oriente, è stato intervistato oggi dal Times, prima anche dal Der Spiegel, ed ha un importante profilo internazionale".

Polemica finita? Per molti, ma non per tutti. L'assessore Andrea Giorgio, favorito per la poltrona di vicesindaco qualora Sara Funaro dovesse trionfare al (prevedibile) ballottaggio, ha, incredibilmente, le idee ancora confuse. “La destra a Firenze ha un candidato che è stato a libro paga degli arabi, e che forse spenderà parte di quei soldi per raccontarci del Rinascimento e dell’Umanesimo. Per Donzelli va tutto bene, Meloni e Salvini non hanno niente da dire? Un silenzio assordante e imbarazzato”. Eh sì, aveva proprio ragione Giorgio Bassani: la paura (in questo caso autentico terrore) fa novanta e si trasforma in una pessima consigliera. 

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