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Calenda e quel 4% ormai lontano. La guerra nell'ex Terzo Polo: "Renzi tratta con i mafiosi"

Christian Campigli
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Pareva il matrimonio (politico) dell’anno. La sintesi perfetta dell’esigenza di superare senza angosce le insidie degli sbarramenti e, dall’altro lato, di garantire agli elettori un movimento di centro serio ed incisivo. Ma quello che pareva amore, tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, si è rivelato essere un calesse. E si sa, le grandi passioni lasciano sempre degli strascichi polemici e aciduli. I due leader, direttamente o attraverso dichiarazioni di dirigenti dei rispettivi partiti, se le stanno suonando di santa ragione da mesi. I motivi sono squisitamente politici. I due leader sono ben consapevoli che, verosimilmente, solo uno supererà il fatidico 4%. Polemiche, tensioni e sfottò che la creazione della lista «Stati Uniti d'Europa» ha ulteriormente acuito. «Ho fatto la proposta di unirsi tutti sotto questa lista – ha sottolineato Emma Bonino - Io non ho messo alcun veto, Calenda ha messo i suoi veti e non ne fa parte. Non posso che prenderne atto. Chi vota per la lista Stati Uniti d’Europa vota per chi proporrà che Mario Draghi abbia una posizione importante in Europa. Io penso che Draghi debba fare il presidente del Consiglio europeo piuttosto che il presidente della Commissione. Penso che per ruolo e conoscenze, la Presidenza del Consiglio europeo sia meglio di presidente della Commissione. Ma c’è anche Paolo Gentiloni: un’altra energia indispensabile per l’Europa». Una dichiarazione intrisa d’orgoglio, alla quale l’ex ministro dello Sviluppo Economico ha replicato abdicando alla diplomazia.

 

 

 

«Avete visto il programma degli Stati uniti d’Europa? Io no, non c’è. Il nostro è un progetto politico, non è una lista di scopo. Questa è la differenza sostanziale con la lista degli Stati uniti d’Europa. Quel tipo di lista ha l’obiettivo di arrivare e poi si disperderà e secondo me non convince e non è convincente. Noi abbiamo definito obblighi molto precisi. Essere europeisti e dirsi europeisti sono due cose diverse. Dubito che un vero europeista sia pronto a trattare con chi è stato condannato per mafia o a prendere soldi da un dittatore o a mettere in lista persone che si sono dichiarate sempre contro l’invio di armi per l’Ucraina. Noi siamo all’opposto. Noi avremo l’ossessione di avere candidati di qualità». L’uomo che nel lontano 1984 recitò nello sceneggiato «Cuore», due giorni fa, in una lunga intervista rilasciata al quotidiano Domani, si è tolto alcuni sassolini dalle scarpe. «Tutti i soggetti politici hanno sottoscritto un decalogo, si iscriveranno a Renew, e dopo il voto apriranno un processo costituente per il Partito della Repubblica. Di là c’è chi andrà nel gruppo socialista e chi con i popolari, come i candidati di Mastella e Cuffaro». Una solitudine politica, quella di Calenda, che ha amplificato l’astio nei confronti di Renzi. Anche a Firenze, in una delle contese amministrative più importanti ed incerte, i due ex amici hanno imboccato percorsi divergenti. Azione appoggerà infatti il candidato scelto d’imperio dalla segreteria toscana del Pd (e dall’attuale sindaco, Dario Nardella), l’assessore al welfare, Sara Funaro. Renzi, |dopo aver chiesto più volte le primarie di coalizione, ha deciso di correre da solo e di sostenere Stefania Saccardi.

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