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Europee, Michele Santoro teme il flop e denuncia Roberto Gualtieri

Christian Campigli
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Piccoli sì, ma agguerriti. Pronti a tutto, anche a ricorrere alle vie legali di fronte a presunti ostacoli posizionati ad hoc. Terrorizzati dal possibile flop all’orizzonte. Si infiamma la polemica a sinistra tra il sindaco di Roma, il dem Roberto Gualtieri e il giornalista Michele Santoro. Al centro dello scontro, la raccolta firme, indispensabile per poter correre alle prossime elezioni europee. «Ho dato incarico al mio legale, Lorenzo Borrè, di denunciare alla Procura della Repubblica il sindaco di Roma Roberto Gualtieri per non aver provveduto, nonostante ripetute bonarie richieste, agli adempimenti previsti dalla legge elettorale per agevolare la raccolta delle firme per la presentazione della lista Pace Terra Dignità», sottolinea. Poi Santoro svela un retroscena: «Ho parlato personalmente con l’assessore responsabile dell’Ufficio Elettorale, Andrea Catarci, che mi ha detto: "Il Comune non è obbligato a farlo. Il Pd non ha avvertito la necessità di esprimersi nel merito della vicenda. Evidentemente si considera un diritto di rilievo costituzionale, previsto dalla legge, come una fastidiosa pratica da non evadere per ragioni non precisate. Riguardo ai voti non c’è solo lo scandalo di Bari, ma anche quello di Roma». Pronta la replica dello stesso Catarci: «La raccolta e vidimazione delle firme non è un obbligo dei Comuni. C’è una legge, l’art.14 della legge 53 del ’90 che prevede un elenco molto nutrito di soggetti che possono raccogliere le firme, tra cui sono previsti anche il sindaco e i suoi funzionari ma come possibilità e non come obbligo. Lo dico con dispiacere, ma se fossimo stati con più personale, senza problemi ai servizi digitali come abbiamo avuto in questi mesi, avremmo volentieri aiutato le piccole liste. Tutto questo l’ho spiegato direttamente a Santoro ma lui è andato avanti, forse cerca un po’ di visibilità o ritiene davvero che ci sia un obbligo».

Parole tutt’altro che leggere quelle pronunciate dal noto volto televisivo, che si candida in uno spazio politico, quello della sinistra pacifista ed antisistema, che rischia di rosicchiare voti proprio al Partito democratico. Non è un mistero che la linea politica di Elly Schlein non convinca, fino in fondo, l’elettorato dem. Tra i partiti che stanno cercando di raccogliere le firme per poi giocarsi le proprie chance alle urne c’è anche un comunista doc come Marco Rizzo. Domani il leader di Democrazia Sovrana e Popolare sarà a Firenze, domenica prima andrà Campobasso, poi a Termoli, per cercare nuovi consensi. «È una lotta impari, ma noi non molliamo di un centimetro - ci ha raccontato Rizzo, raggiunto telefonicamente - Hanno creato le condizioni per bloccare la democrazia. Un sistema che non solo impone almeno 75mila firme, ma che le stesse debbano essere racconte in ogni regione d'Italia. Senza dimenticare che, ad alcuni, vengono concessi show televisivi, ad altri nemmeno pochi minuti. Noi siamo i soli anti-sistema. Sul nostro sito c’è la possibilità di firmare per consentire di avere una voce dissonante in un Parlamento Europeo che, ormai, suona sempre la stessa melodia».

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