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Non esiste la superiorità morale della sinistra. Se ne è accorta anche la Treccani

Gaetano Mineo
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Anche per la Treccani è cambiata la figura dell’intellettuale, spesso associato alla sinistra. Come dire, da Filippo Turati siamo passati a Chiara Ferragni. Recentemente, infatti, è stata la stessa segretaria del Pd, Elly Schlein, a far identificare nella sua interezza l’attuale sinistra addirittura con l’imprenditrice-influencer. Tornando alla Treccani, nel libro della collana «Voci per comprendere il mondo», è presente una nuova edizione della voce «Intellettuali». Secondo il filosofo Emanuele Coccia, l'intellettuale del futuro dovrebbe essere una figura guidata dall’amore, capace di rivolgersi a qualsiasi mente. Tuttavia, sempre secondo il filosofo, coloro che amano non si pongono come giudici della moralità degli altri, né cercano di dimostrare superiorità morale. A buon intenditore, poche parole.

 

 

Di certo, l’attuale Pd sembra aver voltato le spalle a decenni di storia della sinistra italiana, abbandonando i pilastri su cui questa si era fondata. Il richiamo ai grandi protagonisti della sinistra riformista, quali Filippo Turati, sembra essere stato cancellato dalla memoria del partito. Turati, figura centrale del movimento socialista italiano all’inizio del secolo scorso, fu artefice di riforme cruciali che hanno plasmato l’Italia moderna. Tuttavia, nel nuovo scenario politico del Pd, Turati è stato relegato nell’oblio, sostituito da nuove figure emergenti, come Carola Rackete, comandante della nave Sea Watch e il fumettista, Zerocalcare, per fare solo qualche esempio. Con rispetto parlando. Questo abbandono dei principi fondanti della sinistra riformista è evidente anche nel rifiuto di citare personalità iconiche come Giacomo Matteotti, simbolo di resistenza e martirio contro il regime fascista. Come può un partito che si definisce democratico ignorare il contributo di Matteotti alla lotta per la libertà e la democrazia? Il Partito democratico, a questo punto, si trova di fronte a una sfida cruciale: può davvero definirsi un partito di sinistra senza fare riferimento alla sua stessa eredità storica? Senza abbracciare i valori e i principi su cui è stata fondata la sinistra italiana? La mancanza di radici storiche potrebbe comprometterne credibilità e capacità di rappresentare veramente gli interessi dei cittadini.

 

 

D’altronde, è tanto cambiato nei decenni il pantheon culturale del Pd. Segno di un partito alla continua ricerca della sua identità e che a oggi non riesce a trovarne traccia. Basti pensare che i Dem erano rappresentati da intellettuali di spicco come Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco, Toni Negri e via dicendo. Figure considerate icone del pensiero di sinistra e che avevano un forte impatto sulla cultura politica del partito. Figure rimpiazzate da Ilaria Salis, per esempio, o Gino Cecchettin, padre di Giulia uccisa a novembre, o come detto da Rackete e Zerocalcare. La stessa Schlein, è una leader senza una storia politica alle spalle. E un leader, non può non avere una storia. La storia ci aiuta a dare senso al presente e a plasmare il futuro, trasmettendo le lezioni del passato e ispirandoci a nuove conquiste. Almeno così si dice.

 

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