Renzi, Consip e l'autogrill. Quel filo rosso che li lega: i dossier e l'X file
Il segreto di Stato sul caso Autogrill, le nuove minacce di morte allo 007 e la pista di un nuovo dossieraggio. Si configura sempre di più come una guerra tra spie la vicenda partita dell’incontro tra il numero due del Dis Marco Mancini e il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, quel 23 dicembre 2020, quando il governo Conte rischiava di cadere proprio per mano del senatore di Rignano. Perché i nuovi risvolti di una storia rimasta oscura ma mai sopita, al punto che sono arrivatele rivelazioni del Giornale sui quesiti che avrebbero spinto l’allora capo del Dis Elisabetta Belloni a opporre il segreto di Stato, aprono scenari che legherebbero un sistema di spionaggio all’affare Consip. Non a caso i protagonisti dell'incontro all’autogrill sono appunto Mancini, nel mirino dei suoi stessi colleghi per la gestione rigorosa dei fondi dell'intelligence, e Renzi, il cui padre, Tiziano, era finito indagato per traffico di influenze, e assolto, in quell'inchiesta, che raccontava di una commessa milionaria della centrale acquisti della pubblica amministrazione.
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Nel processo, tra gli imputati, l’ex maggiore dei carabinieri del Noe, Gian Paolo Scafarto, a capo della squadra investigativa sul caso Consip e accusato di aver svelato alvicedirettore del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, il contenuto delle dichiarazioni fatte dall’ex ad Luigi Marroni ai pm di Napoli, oltre all’informazione sull’iscrizione nel registro degli indagati di Tullio Del Sette, un atto coperto da segreto. Scafarto avrebbe perfino falsificato un’informativa attribuendo la frase «Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato» all’imprenditore Alfredo Romeo, anziché all’ex parlamentare Italo Bocchino, che all'epoca collaborava con Romeo. Insomma, un comportamento, quello dell’ex maggiore, che secondo i magistrati era mirato, attraverso la commissione di «orrori di sicuro rilievo penale», a tirare in ballo nell’inchiesta il padre di Renzi. Accuse gravi, per un investigatore entrato afar parte della squadra del Capitano Ultimo, Sergio De Caprio, per le quali è stato condannato, un paio di settimane fa, a un anno e sei mesi, nello stesso dibattimento che ha assolto Renzi padre e anche Luca Lotti. Ma cosa hanno a che fare le attività contro il leader di Italia Viva con Marco Mancini? La risposta è in un file, denominato «Mancini.docx», che proprio Scafarto ha trasmesso a Capitano Ultimo quando era all’Aise.
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Quel documento, spedito via mail, era una sorta di dossier, nel quale venivano riportate informazioni sul big del controspionaggio e sui suoi rapporti con Bocchino. Intervistato nel 2018 dalla giornalista Annalisa Chirico sul Foglio, il carabiniere non aveva saputo spiegare il perché avesse inviato un dossier sullo 007 a De Caprio. «Non lo so. Glielo giuro, non me lo ricordo. Forse devo averglielo consegnato brevi manu nei mesi precedenti, lui se li sarà persi, come spesso gli capitava, e io glieli avrò rimandati. Ma non c'è reato», aveva garantito Scafarto, sottolineando, tra l’altro, che «all'Aise De Caprio ricopriva un incarico strategico di controllo sull'operato dei militari. Quel file apre uno spaccato sulle modalità operative dei nostri agenti all'estero, si tratta di informazioni trasmesse de relato, per bocca di Bocchino. Non posso dire di più». Se all’epoca le dichiarazioni erano rimaste relegate a questioni interne, oggi invece quelle parole assumono profili rilevanti.
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E aprono alla consistenza di una faida tra spie che aveva come obiettivo primario proprio Mancini, l’uomo che gestiva i soldi dei servizi e che si preparava a raggiungere la vetta del Dis. Tanto più considerando che proprio Mancini era sotto scorta per minacce di morte che, in base una serie di elementi, sarebbero state confezionate all'interno delle agenzie di sicurezza. Minacce che non sono mai finite, visto che lo scorso 6 febbraio, al domicilio di Mancini, è arrivata una nuova missiva, partita da Roma il 25 gennaio, che ricalca lo stile delle intimidazioni del passato. «Farai la fine di Saleh al Arouri», è il messaggio composto da lettere di ritagli di giornale, per annunciare allo 007 la stessa morte che ha fatto fare il Mossad israeliano al numero due di Hamas. E che pone Mancini, e tutta la sua famiglia, in una situazione ad alto rischio, visto che a causa dello scandalo dell’autogrill, lo 007 è stato mandato in pensione anticipata dell'allora sottosegretario con Delega ai Servizi Franco Gabrielli. E gli è stata revocata la scorta.