Pd, la farsa del codice etico copiato da quello del 2008 e violato infinite volte
Il Pd travolto dall’affaire sulla compravendita di voti, dal Piemonte alla Puglia, prova a rilanciarsi e lo fa ripresentando lo stesso codice etico del 2008 con qualche aggiornamento. Gli «autori» dell’operazione sono i segretari provinciali del partito guidati dal senatore e commissario Pd in Campania Antonio Misiani. Ma cosa prevede l’aggiornamento del codice etico? Prima di tutto chi vorrà rappresentare il partito nelle varie istituzioni dovrà fornire il proprio certificato penale. Un articolo che però, anche se in altre forme, già esisteva nel codice del 2008. Infatti al comma A del secondo punto dell’articolo 3 sulle «Responsabilità personale e autonomia della politica» si chiedeva al candidato di «comunicare (...) l’esistenza di un procedimento penale o l’adozione di una misura di prevenzione nei proprio confronti». Ma la vera novità è la sottoscrizione di una autodichiarazione in cui si impegna il candidato a denunciare eventuali fenomeni di condizionamento del voto; episodi di voto di scambio; intimidazione nel corso della campagna elettorale e tentativi di corruzione o concussione durante il mandato elettivo o amministrativo. L’applicazione in Campania di questo nuovo Codice verrà affidata dal Pd al magistrato Franco Roberti, già Procuratore nazionale Antimafia ed eurodeputato Dem, ma Misiani spiega che «potrebbe benissimo essere esteso ovunque».
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La mossa del codice etico però non ha convinto tutti i Dem. Intanto perché la «questione morale» di Bari riguarda principalmente la corrente a sostegno di Elly Schlein che fa capo a Decaro, Emiliano e Boccia. Non a caso Antonio Misiani ha commentato: «Forse Schlein si riferisce alle correnti che sostengono lei». E sia perché viene vista come una mossa della leader per accentrare a sè tutto il potere per la composizione delle liste in vista delle Europee. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, ha sottolineato come «ai candidati del Pd è richiesta da sempre la presentazione del casellario giudiziario e che il codice etico esiste dal 2008» e ancora «le autocertificazioni, carte e cartuscelle, servono solo a lavarsi la coscienza non a cambiare le cose».
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Anche perché, se proprio vogliamo calare il codice nella pratica, nel caso Bari sia la Maurodinoia, indagata, che Lorusso, ai domiciliari, avevano la fedina penale pulita. Un codice non può bastare per arginare il fenomeno, ci vuole una classe dirigente che abbia il controllo di ciò che accade sui territori. Anche perché nonostante il codice negli anni anche nel Pd si è visto di tutto e di più. Da Mafia Capitale, con le condanne fra gli altri di Mirko Coratti (5 anni per corruzione), Daniele Ozzimo (3 anni per corruzione) e Luca Odevaine (6 anni per corruzione). Il recente scandalo del Qatargate con il coinvolgimento dell’eurodeputato Antonio Panzeri. O ancora la vicenda dell’Appaltopoli di Pozzuoli con 4 big finiti in carcere fra cui anche l’ex coordinatore della segreteria di Zingaretti Nicola Oddati e il sindaco dem di Pozzuoli Vincenzo Figliolia. Tutti casi che un pezzo di carta certo non può impedire.
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