l'appello dell'ex ministro
Intervista a Livia Turco, l'appello: "C'è una questione morale, ripartire da zero"
«La sinistra tutta dovrebbe ripartire da Berlinguer e dalla centralità della questione morale. Mai così attuale».
È il messaggio di Livia Turco, ex ministro e storico dirigente del Pci, dei Ds e dello stesso Pd, dopo gli scandali degli ultimi giorni.
Quali dovrebbero essere le parole d’ordine?
«Qualità, dignità e trasparenza. Lo dico a sostegno del grande lavoro che sta portando avanti Schlein. Mi pare ci sia bisogno di una scossa in tal senso, ripristinando principi fondamentali».
Non è dunque colpa della segreteria dem se si è arrivati così in basso?
«Assolutamente no! Anzi, ritengo che tutte le forze del centrosinistra debbano collaborare con la segretaria del Pd per un qualcosa di sacrosanto. Il Paese ha urgentemente bisogno di un’alternativa a una politica di destra, che occupa qualsiasi spazio di potere. Mai vista una maggioranza così sfacciata. Abbiamo dei ministri che non hanno neanche la dignità di rispettare l’art. 54 della Costituzione».
Per creare un’alternativa forte, però, occorre innanzitutto quell’unità venuta meno a Bari...
«Va costruita su contenuti e trasparenza. Se Conte ha un’altra strategia e si comporta in modo inqualificabile, non si può star lì a pregarlo.
Cosa bisogna fare ancora per convincerei 5 Stelle? So benissimo che è strategico il rapporto con loro, ma non si può fare l’unità prendendo ceffoni. Questa può esserci solo in una comunità forte, mettendo al primo posto il rispetto reciproco e soprattutto i programmi. Altrimenti significa solo che il capo dei 5 Stelle è disposto a tutto pur di tornare a Palazzo Chigi».
Conte sostiene che la legalità è un bene non negoziabile...
«Anche per il Pd lo è. Dunque perché la scelta della rottura su un terreno che potrebbe unire?».
Elly può ancora recuperare questo rapporto?
«Quale prova di disponibilità deve ancora dare il Pd? Ritengo che sia stato fatto tutto il possibile».
Altro tema discusso il rinnovamento portato avanti da Schlein nelle liste, che ha urtato e non poco la vecchia nomenclatura dem...
«Il problema non è il nuovo contro la nomenclatura. Ci sono persone del passato straordinarie, che si sono contraddistinte per onestà e competenza.
Basta ricordare la nostra storia, quel partito che riusciva a candidare Altiero Spinelli e un operaio, la Gruber e una militante vera come Marisa Rodano. Il punto vero su cui discutere dovrebbe essere la credibilità delle persone che si vanno a mettere in lista, la loro storia, ciò che testimoniano».
Come comportarsi, invece, rispetto a chi è già finito al centro di scandali?
«La giustizia faccia il suo corso, dopodiché abbiamo uno statuto, c’è una Costituzione.
Chi vede in discussione la propria onorabilità dovrebbe sentire una responsabilità verso una comunità e fare un passo indietro».
Si possono, intanto, prevenire questo tipo di problemi?
«Eviterei innanzitutto di candidare persone che in qualche modo sono chiacchierate e discusse».
In che modo, infine, risponde a chi accusa Schlein di essere troppo compagna e di aver dimenticato i moderati?
«Per fortuna che Schlein è di sinistra. Ha fatto battaglie in cui ci siamo riconosciuti tutti.
Cosa vuol dire essere di sinistra? Difendere la sanità pubblica, il salario minimo, affrontare il tema gravissimo dell’astensionismo? Questo vuol dire stare da una parte.
Non è una necessità combattere ogni forma di riduzione della democrazia? É l’abc di quello che dovrebbe fare una coalizione in grado di riunire sensibilità diverse».
Si riferisce anche ai cattolici?
«Certamente, dovrebbero essere capaci di esprimere la radicalità di Papa Francesco. Stesso discorso vale perla sinistra. Che sinistra è, se non si pone il tema della lotta alle disuguaglianze e dellapartecipazione? Queste sono le fondamenta da perseguire con tenacia, a partire dagli obiettivi concreti. Abbiamo finalmente scoperto a cosa va incontro la sanità pubblica, se non si interviene in modo netto. Abbiamo un decreto ridicolo del governo rispetto agli anziani non autosufficienti. Questo il terreno dove fare la differenza».