follia verde

Casa green, l'Europa predica bene e poi ci mette le mani in tasca

Gianluigi Paragone

Sento dire che tutto è in funzione del futuro. Di un futuro migliore, più sostenibile per i nostri figli, nipoti e blablabla. Poi ti dicono che lo fanno per farci risparmiare sul carburante perché l’auto elettrica conviene e sui riscaldamenti perché le case green consentono il perfetto controllo dei consumi. Allora domando: ma se una cosa è migliore o più semplicemente fa risparmiare, allora lasciamo fare al mercato no? Che bisogno c’è di mettere delle leggi che tagliano fuori tutto ciò che- sostengono loro- sta nel vecchio mondo? Sarà mio interesse scegliere ciò che è migliore, magari avvalendomi di incentivi statali così che ci guadagnano le imprese che investono sui materiali innovativi e il consumatore che ha una opzione di mercato alla lunga più conveniente. Se fissi una deadline, i furbi si catapulteranno sulle famiglie con metodi pirateschi. Lasciando al mercato no. Mi ricordo che trent’anni fa mio papà che seguiva i lavori della nuova casa dove saremmo andati ad abitare spiegava a mia mamma che sceglieva questo o quel materiale «perché è indistruttibile», «perché tiene di più il caldo», «perché risparmiamo sulla manutenzione».

 

  

 

Persino sulla cancellata esterna in acciaio inossidabile sentenziò: «Così dura in eterno e non dobbiamo riverniciarla ogni anno».
Questa è la logica con cui i nostri nonni o i nostri genitori hanno pensato alla casa come investimento. Ed è per questo che - unici in Europa o non solo- abbiamo costruito una ricchezza privata che passa dalle proprietà immobiliari: si metteva su casa per stare al riparo dagli imprevisti della vita, perché era il tagliando di una crescita e di una soddisfazione, o perché poi si lasciava qualcosa ai figli. «Pagare una casa in affitto è come buttare via i soldi», era solita dire mia nonna. «Comprala! Non commettere l’errore di andare in affitto», diceva ai nipoti. Ebbene quelle case sono passate di generazione in generazione. Sono tanti gli italiani che hanno una seconda casa lasciata in eredità e che si mette a reddito. Oppure che hanno venduto per sostenere altri investimenti o far fronte alle difficoltà.

 

 

Adesso, con la normativa europea, quel patrimonio di ricordi e di generosità rischia di diventare un incubo perché il grosso degli immobili è datato e “fuori” dalle classi energetiche che la direttiva impone di adeguare pena l’ingessamento della casa.
Torno al punto: se l’obiettivo è migliorare il mondo (colossale panzana) o farci risparmiare sulle bollette (e su questo posso concordare), allora lasciamo che il mercato faccia il suo naturale lavoro. Se dovrò comprare una casa nuova avrò tutto l’interesse a prenderla nel rispetto delle nuove classi energetiche ma se vivo in una casa di proprietà datata aspetterò le migliori condizioni per adeguarla, ma senza che sia una norma a farlo. L’adeguamento richiesto non sarà sostenibile senza un intervento serio da parte dello Stato, che da poco ha fermato il Superbonus. Vale per gli immobili e vale per la “rottamazione” delle auto con motore termico.