Anarchici infiltrati tra i palestinesi, così hanno alzato la tensione
Provocazione. È la parola d’ordine usata dalla galassia antagonista in tutte le manifestazioni in cui decidono di partecipare. Dagli anarchici ai centri sociali, passando per collettivi universitari e rigurgiti del circuito marxista -leninista, i professionisti del disordine scendono in piazza con un solo obiettivo: creare l’incidente che consenta poi di mettere le forze dell’ordine in una posizione a dir poco scomoda. Dallo scoppio del conflitto a Gaza, infatti, le istanze antimilitariste di questi ambienti, che già con la guerra in Ucraina erano riapparse, hanno trovato nuova linfa negli slogan a favore dei palestinesi. Insomma, ogni occasione è buona per scendere in piazza, preferibilmente senza autorizzazione, e tentare di accendere la miccia con le forze dell’ordine. E come sempre, a farne le spese, non sono solo i professionisti del disordine, ma anche gli altri manifestanti. A Pisa potrebbe essere andata così. Come è accaduto a Roma il 10 febbraio scorso quando gli anarchici, intenzionati a partecipare alla manifestazione autorizzata pro Palestina, si sono dapprima riuniti nei pressi dell’ambasciata ungherese (senza autorizzazione) per protestare in solidarietà a Ilaria Salis. Ad un certo punto si sono registrate tensioni e scontri con la polizia. E l’innesco è quasi sempre da ricercare nella richiesta di partire in corteo odi raggiungere determinati luoghi, a volte off limits per motivi di sicurezza. Nell’ultima relazione al Parlamento, l’intelligence ha evidenziato come «sul fronte eversivo interno, le evidenze acquisite nel 2022, puntual mente condivise con le Forze di polizia, hanno nuovamente qualificato la minaccia anarcoinsurrezionalista come la più concreta e vitale, caratterizzata da componenti militanti determinate a promuovere, attraverso una propaganda di taglio fortemente istigatorio, progettualità di lotta incentrate sulla tipica "azione diretta distruttiva"». Aggiungendo: «Nell’alveo di una più ampia e totalizzante propensione alla sovversione verso l’intero "sistema", l’attivismo anarchico, ancora estremamente diversificato quanto a obiettivi e modalità operative si è dispiegato principalmente su due direttrici tematiche, afferenti all’antimilitarismo e alla lotta alla "repressione", di volta in volta connesse anche agli altri, tradizionali fronti dell’opposizione al progresso tecnologico e alle nocività ambientali».
In generale, la lotta alla «repressione» è sempre funzionale alle istanze di questi movimenti che puntano a creare tensioni sperando nella reazione delle forze dell’ordine.
Salvo gridare alla repressione subito dopo.
Proprio a tale proposito, i servizi segreti evidenziamo come la lotta alla «repressione» ha «registrato nuovo slancio sulla scia dei diversi pronunciamenti giudiziari emessi» a «carico di militanti anarchici e, soprattutto, in relazione all’applicazione del regime carcerario del 41bis al leader della Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI) Alfredo Cospito». Accanto agli anarchici altri gruppi, come alcuni collettivi universitari, si contendono la scena nelle manifestazioni bruciando, ad esempio, le bandiere di Israele oppure, come durante la manifestazione di sabato a Milano dove sono state esposte le sagome insanguinate del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, della premier Giorgia Meloni e del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.
A questa manifestazione era stata ampiamente preannunciata proprio la presenza di frange anarchiche che si erano date appuntamento. Gesti che vanno oltre il mero simbolismo e servono, in alcuni casi, come provocazione per tentare di alzare la tensione con chi deve gestire l’ordine pubblico. Dello stesso tenore le pubblicazioni sui siti d’area anarchica dove è possibile leggere frasi come «Torino. La piazza dei disertori», a proposito della manifestazione nel capoluogo piemontese. E proprio su questi siti, spesso vengono annunciate (in altri casi rivendicate), le azioni. Un esempio è proprio quanto accaduto a Roma il 10 febbraio scorso. La manifestazione non autorizzata nei pressi dell’ambasciata ungherese era stata ampiamente annunciata, anche nei suoi esiti.