stoccata
Mes, da Meloni la stoccata Conte: “Sciolto il Giurì d’onore perché mi dava ragione”
Era l’unica che non aveva ancora commentato la vicenda del Giurì d’onore, che tra l’altro la vedeva coinvolta, alla fine però Giorgia Meloni ha parlato. «Davano ragione a me e hanno fatto sciogliere il Giurì» ha dichiarato il premier ai giornalisti che le chiedevano una battuta sulla vicenda. Poi rivolgendosi a Giorgio Mulè, presidente del Giurì d’onore, ha detto scherzosamente: «Vergogna, vergogna». Ma partiamo dall’inizio.
Questa storia inizia il 12 dicembre 2023. In Aula alla Camera Meloni nella sua replica, dopo la discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue, accusa Conte sul Mes (Meccanismo europeo di sostenibilità): «Conte - accusa ricalcando quanto detto dallo stesso ex Premier Conte in un suo discorso del 2020 - ha dato il via libera quando era in carica solo per gli affari correnti, l'ha fatto senza mandato parlamentare, senza dirlo agli italiani, con il favore delle tenebre». Parole che non piacciono al leader del Movimento 5 Stelle che il giorno dopo replica al premier annunciando il ricorso al Giurì d’onore. Una commissione speciale che può essere istituita su richiesta di un deputato se ritiene che un collega abbia leso «la sua onorabilità» in Aula. La richiesta di Conte viene accolta, il Giurì viene convocato e i membri iniziano a studiare le carte per poi emettere il giudizio.
Ma alla vigilia del verdetto Conte cambia idea e scrive al presidente della Camera Lorenzo Fontana chiedendogli di sciogliere il Giurì. Contestualmente i membri della commissione in quota Pd, Stefano Vaccari, e AVS, Filippo Zaratti, si sono dimessi. «La presidenza della Camera ha preferito annullare la partita - ha dichiarato Vaccari - poiché c’era chi dopo lo svolgimento regolare del primo tempo avrebbe voluto vincere a tavolino il secondo. A quel punto, non potendo contare su un Var imparziale, abbiamo deciso di farli giocare da soli per salvaguardare l’istituto del Giurì». Mentre per Zaccari «lo scioglimento del Giurì è stata l’unica via d’uscita per la maggioranza. Dopo le nostre dimissioni rischiavano di presentare un documento simile ad un volantino politico, privo di valore istituzionale. La destra vuole abituarci alle forzature delle regole ma noi non ci stiamo». Con lo scioglimento della commissione e le parole del premier la vicenda ha trovato il suo epilogo.