Pd senza pace
Pd, il futuro di Schlein si decide in un mese. Addio già prima delle Europee?
A guardare i sondaggi il campo largo non paga. Alla fine le rilevazioni sulle regionali in Sardegna, quelle vere, sono arrivate e mettono il candidato di centrodestra Paolo Truzzu davanti a tutti al 46% e la coalizione al 48,5% con Fratelli d'Italia stimato al 23,1%. Più di 7 punti percentuali sopra alla coalizione di centrosinistra che si ferma al 41,1% con il Pd stimato intorno al 15% e i Cinquestelle fermi al 10%. Alessandra Todde avrebbe convinto circa il 41,9% degli elettori sardi che, va detto, non sono molto attratti da questa tornata elettorale visto che l’astensionismo si attesterebbe al 50%. Solo l’11% dei sardi ha dichiarato l’intenzione di votare per Renato Soru con la lista ferma sotto al 10, più precisamente al 9,8%. E con questi numeri la coalizione sarda rischierebbe di non superare lo sbarramento fissato al 10%. Un risultato che Soru non ha gradito. Con un lungo post sui social il fondatore di Tiscali ha puntato il dito contro la società che ha confezionato il sondaggio Bidimedia. «Un sondaggio condotto con una modalità totalmente inaffidabile, un questionario raggiungibile via link o dai social senza alcuna base scientifica o empirica e aperto al voto multiplo da parte della stessa persona» ha scritto Soru. Non solo. «Per di più andando a trovare gli autori di questo sondaggio è emerso che si tratta di una srl fondata il 25 gennaio di quest’anno e registrata al registro imprese ieri 5 febbraio poche ore prima di diffondere il sondaggio. La cosa fa nascere più di un interrogativo, circa la volontà di inquinare il dibattito politico e la libera scelta degli elettori». Insomma per Soru il sondaggio servirebbe a scoraggiare i suoi elettori convincendoli che il voto all’ex dem è un voto perso.
La società Bidimedia ha voluto rispondere al posto polemico di Soru specificando come la Srl è stata registrata due giorni fa ma come «Sondaggi Bidimedia. Studi e proiezioni elettorali siamo sul campo da praticamente un decennio, se non di più». Lasciando però da parte la polemica sarda il dato che emerge è un indizio per dem e Cinque stelle sul fatto che il campo largo sembra non funzionare nonostante Schlein continui a ripetere che «da soli non si vince». Se il campo largo non funziona a rimetterci potrebbe essere proprio la segretaria che in 6 mesi rischia il posto.
Quest’anno infatti si voterà in oltre 3.700 comuni, tra cui 27 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi di regione. Mentre sono cinque le Regioni al voto: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Quattro di queste andranno alle urne prima delle europee. Al momento solo la Sardegna ha però fissato la data (il 25 febbraio), l’Abruzzo ipotizza il 10 marzo mentre per l’Umbria è indicata la finestra di ottobre. Da monitorare anche il voto dei sei capoluoghi di regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Se la segretaria dovesse fallire in tutti gli appuntamenti elettorali rischia di saltare anche prima delle Europee. In caso contrario l’idea per rinsaldare la sua posizione è quella di candidarsi, non da capolista e non in tutti i collegi. Una mossa che rivela la convinzione della segretaria e del suo cerchio magico di fare incetta di preferenze riuscendo così ad allontanare gli assalti degli avversari interni. Pronto a prenderne il posto ci sarebbe, oltre al governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, il sindaco di Bari Antonio Decaro. Vedremo se, visti i sondaggi e la ritrovata prudenza di Conte sul fronte dell’alleanza coi dem, Schlein non cambierà strategia. Dal punto di vista del linguaggio la segretaria ha già alzato i toni, almeno con il governo, e il sit in organizzato sotto la Rai ne è la riprova. Certo se insistesse sul campo largo per poi trovarsi comunque sconfitta sarebbero in molti, all’interno del Nazareno, a storcere il naso.