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Violenza a Catania, Zampa si difende: “La mia legge non ha colpe, non è stata applicata”

Edoardo Romagnoli
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La senatrice dem Sandra Zampa, prima firmataria della legge n.47 del 2017, replica a chi sostiene che ciò che è successo a Catania non sarebbe accaduto se la sua norma sui minori stranieri non accompagnati non fosse mai stata varata.

Senatrice lei crede che quello che è successo a Catania sia da imputare anche alla sua legge?
«È esattamente il contrario, chiunque tiri in ballo la legge non sa di cosa parla oppure è totalmente in malafede. Se la mia legge avesse trovato applicazione quei ragazzi in giro nullafacenti non ci sarebbero. Quella legge non ha mai trovato piena realizzazione in tutta la sua potenzialità. Anche i governi che hanno preceduto questo non si sono sufficientemente impegnati ma di certo hanno fatto meglio di questo governo che l’ha cambiata peggiorandola».

Perché non è stata mai applicata fino in fondo?
«Perché nessuno ha voglia di impegnarsi. Non facciamo abbastanza per i ragazzi italiani figuriamoci per i minori stranieri. Buttarla in caciara è più facile rispetto a costruire un’altra idea di società».

 



Cosa prevedeva la norma che porta la sua firma?
«La legge prevedeva di creare un percorso per trasformare chi arriva in una risorsa. Io credo che un minore che arriva da un altro Paese sia una risorsa.
Però va accolto in maniera dignitosa, bisogna farli studiare o avviarli verso un percorso lavorativo, tenerli occupati e mettergli qualcuno a controllarli, un tutor».

E invece quei ragazzi di Catania?
«Non credo avessero un tutore perché altrimenti avremmo già saputo chi era visto che li dovrebbe rappresentare. E non credo siano stati inseriti in nessun percorso lavorativo o di studio».

Quale era il protocollo?
«Il minorenne una volta sbarcato avrebbe dovuto sostenere un colloquio per identificarlo e stabilirne l’età. Tra l’altro su questo punto ricordo che la famosa radiografia al polso è scientificamente provato che è altamente imprecisa. Con un decreto interministeriale, con dentro anche Palazzo Chigi, si stabiliva una serie di procedure per la certificazione dell’età molto più complesse e precise. Oltre al colloquio, una visita medica, lo psicologo, ossia una serie di esperti che lo esaminavano per poi produrre un responso».

 

 

Quali sono gli errori che portano poi a una situazione del genere?
«Intanto mettere i minori, sopra i 16 anni, con gli adulti. Con il rischio che vengano arruolati nel lavoro nero o nella manovalanza o ancora nella prostituzione. Quando si vive in un mondo permeato dall’illegalità e si vive di espedienti è difficile immaginare che uno intraprenda la carriera da scienziato. Poi c’è il problema della loro collocazione territoriale. Uno degli errori più gravi è quello di concentrare numeri così alti al Sud, lì sbarcano e lì rimangono. La legge prevedeva la creazione di hub in tutte le Regioni, ma credo che oltre all’Emilia Romagna ne sia stato costruito solo un altro».

Certo la soluzione non può essere quella di impedirgli di arrivare visto che la Convenzione Onu impone agli Stati di accogliere tutti i minori stranieri non accompagnati.
«Infatti la legge n.47 diceva che questi ragazzi sono migranti ma per noi sono bambini o adolescenti perché la Convenzione Onu ci dice che così vanno trattati. A meno che l’Italia non voglia annunciare l’uscita dalla Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia. Ci sono due Paesi che non l’hanno sottoscritta: gli Stati Uniti e l’Etiopia».

 

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