Pd a pezzi pure sull'abuso d'ufficio, i sindaci si ribellano a Schlein
L’ennesima spaccatura nel Pd sul pacchetto di aiuti all’Ucraina apre una questione sulla tenuta del partito. Dalla riforma della giustizia al voto sulla maternità surrogata passando per la candidatura di Marco Cappato alle suppletive e a quella di Sara Funaro per le amministrative a Firenze sono tante le occasioni in cui il partito si è spaccato. E pensare che Elly Schlein appena diventata segretaria aveva dichiarato guerra ai «cacicchi» e alle correnti interne. Una dichiarazione di intenti rimasta tale visti i risultati. Parliamoci chiaro, la dialettica interna a un partito è sintomo di un buono stato di salute, il problema è che dopo il dibattito è necessario arrivare a una sintesi altrimenti più che un partito diventa un branco anarchico in cui ognuno vota secondo coscienza. Proprio come è successo due giorni fa sull’invio di armi in Ucraina dove 8 parlamentari dem hanno votato in dissenso con la linea della segretaria.
Una circostanza che ricorda quello che successe sul voto sulla «Gpa solidale», l’emendamento a firma del segretario di +Europa Riccardo Magi alla proposta del governo di rendere la maternità surrogata «reato universale». L’emendamento chiedeva che la gestazione per altri fosse regolata e resa legale a patto che, si legge nel testo, «non sia a fini commerciali, altruistica, libera, autonoma e volontaria». L’ala cattolica del partito spingeva per votare no al reato universale, sì alle trascrizioni dei figli delle famiglie omogenitoriali e no al cambio delle regole in Italia sulla Gpa. Dopo una riunione protratta fino all’una di notte però il partito non arrivò a una decisione unitaria e e così optarono per l’uscita dall’Aula. Divisi anche sull’abolizione del reato sull’abuso di ufficio. La linea della segretaria è contraria all’abolizione del reato ma gli amministratori locali, con il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, quello di Bari Antonio Decaro e quello di Firenze Dario Nardella in prima linea, sono favorevoli all’abolizione.
«Come dice l’Anci, nel 97% dei casi i processi per abuso d’ufficio a carico di amministratori locali non arrivano a sentenza definitiva e nell’85% dei casi non cominciano nemmeno perché vengono archiviati. Questo sistema penale limita gli amministratori locali, che vengono puniti sia se fanno le cose, sia se non le fanno» ha dichiarato il sindaco di Firenze. Concetto rafforzato da Ricci: «Sono 10 anni che tutti i sindaci italiani chiedono la revisione del reato d’abuso di ufficio». Una frattura che ancora non è stata sanata. Non è la prima volta che fra il Nazareno e i sindaci dem non si riesce a trovare la quadra. Ultimamente anche la candidatura per i dem di Marco Cappato per le suppletive a Monza ha scatenato le polemiche della sezione locale del Pd che voleva un nome espressione del territorio e non un candidato calato dall’alto.
Risultato? Schlein non risponde alle chiamate, alle lettere private e neanche a quelle pubbliche preferendo continuare dritta per la sua strada. Cappato viene candidato e perde contro Adriano Galliani appoggiato da tutto il centrodestra. Sempre per rimanere in tema candidature come non segnalare il caos nella corsa per scegliere il prossimo sindaco di Firenze. Il Pd sceglie di non fare le primarie candidando Sara Funaro. L’ex assessore comunale Cecilia Del Re, che aveva chiesto invano di fare le primarie decide così di non rinnovare la tessera e fondare una lista civica candidandosi alla corsa per la successione di Nardella (Firenze democratica). Tornando più indietro nel tempo il partito si spaccò anche sulla partecipazione di Elly Schlein alla manifestazione del Movimento 5 Stelle contro la precarietà. In quell’occasione Beppe Grillo salì sul palco e invitò i cittadini a creare «le brigate di cittadinanza» mettendosi il passamontagna di notte per andare a fare «i lavoretti» di manutenzione nelle proprie città. Un’allusione, quella dei cittadini coperti dal passamontagna, che non piacque a tanti dem ma soprattutto a Alessio D’Amato, l’ex assessore regionale alla Sanità del Lazio, che decise di lasciare l’assemblea nazionale del Pd. Anche Debora Serracchiani commentò le esternazioni del comico ligure con un secco: «Uno show che non fa ridere». Più in generale l’opinione che serpeggiava all’interno di alcune anime del partito sosteneva come Schlein fosse caduta con «tutte le scarpe nella trappola del Movimento 5 Stelle». Un quadro sconfortante di un partito che si è trovato una segretaria che non voleva, ricordiamo che gli iscritti votarono in massa per Bonaccini, e che invece di sposare la nuova linea ha deciso di boicottarla. Niente di nuovo in casa dem.