Caso Mollicone
Mollicone, per attaccare il governo la sinistra inventa la legge che non esiste
Se non fosse un segnale inquietante sullo stato dell’informazione in Italia «l’affaire Mollicone» sarebbe anche una storia simpatica, quasi un paradosso. Il paradosso di come un’intervista sulla necessità di una riforma dell’editoria, visto il dilagante fenomeno delle fake news e del clickbating, sia diventata una dichiarazione di intenti per mettere un bavaglio alla stampa. Partiamo dall’inizio. Il presidente della VII° Commissione, quella su Cultura, Scienze e Istruzione, rilascia un’intervista a La Repubblica dove, in una lunga chiacchierata, spiega come alla ripresa dei lavori la Commissione dovrà affrontare la discussione sul Tusmar, il Testo unico della radiotelevisione, che riguarda anche le piattaforme digitali. Mollicone spiega che, nell’ambito di questa riforma, dovrà trovare spazio anche il tema fake news. E fa alcuni esempi. Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden sta da tempo ragionando su come contrastare quella che viene chiamata «information disorder». Una crociata che ha coinvolto anche i social media, Facebook in particolare.
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Non solo. In Italia l’agenzia di stampa Ansa ha inaugurato il progetto Ansa Check. Una soluzione che consente di «certificare» l’origine Ansa delle notizie grazie alla tecnologia Blockchain. A questo si riferisce Mollicone quando parla di «una certificazione digitale delle notizie». Il tema esiste ed è di stretta attualità. La stessa Giorgia Meloni ha lamentato più volte, anche nella conferenza stampa di fine anno, di aver trovato sui giornali dei finti virgolettati. Dichiarazioni mai fatte che però le sono state attribuite. Mollicone parla di una «deriva sensazionalistica imboccata dalla stampa». Una deriva che riguarda soprattutto le edizioni online dove «solo per fare clickbaiting, ossia per monetizzare i contatti sui siti, si costruisce un titolo gancio e si finisce per criminalizzare le libere opinioni». Alla luce di tutto ciò per Mollicone si rende necessaria una interlocuzione con le opposizioni per studiare un argine a questo fenomeno.
Terminata la telefonata il pezzo viene inviato poi al deputato che lo rilegge, lo approva e lo rimanda indietro. Poi però quando esce Mollicone lamenta «un titolo falso e un incipit di 10 righe che non c’era nel testo che mi avevano fatto rileggere». Quella che doveva essere un’intervista su un certo modo, sbagliato, di fare giornalismo diventa «FdI vuole un altro bavaglio: Notizie certificate per legge». Da lì si scatena tutta una serie di reazioni con le opposizioni che gridano al «Minculpop». Una valanga di indignazione che Fratelli d’Italia prova a smorzare con una nota. «La notizia riportata oggi dal quotidiano La Repubblica, secondo la quale sarebbe allo studio una "nuova legge bavaglio", è priva di fondamento. Non è infatti allo studio alcuna proposta di legge di Fratelli d’Italia che intenda limitare la libertà di espressione o di stampa. Questa è notoriamente una specialità della sinistra». Non c’è quindi nessuna legge in cantiere nè tantomeno pronta per essere presentata. Anche se, dopo questo episodio, c’è chi potrebbe iniziare a pensarci seriamente.