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Manovra, rush finale alla Camera. Sul Mes scoppia il caso Di Maio-M5S

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Dopo la pausa natalizia, riprende mercoledì 27 dicembre in commissione Bilancio alla Camera l’esame della manovra. La prima convocazione è fissata per le 11, quando si procederà con le ammissibilità degli emendamenti presentati dalle opposizioni. Le proposte di modifica sono circa un migliaio: 350 quelle del Partito Democratico, 320 del Movimento 5 Stelle, 254 di Alleanza Verdi e Sinistra, 70 circa per Azione e il resto suddivisi tra Italia Viva e il gruppo Misto. I voti sono previsti a partire dal pomeriggio quando, però, è anche fissata l’audizione di Giancarlo Giorgetti. La presenza del ministro dell’Economia è stata reclamata a gran voce dalle opposizioni per riferire sulle ricadute che il Patto di Stabilità e la mancata ratifica del Mes potrebbero avere sulla Finanziaria. Il numero uno di via XX Settembre non si è sottratto ma, per bocca del sottosegretario al Mef Federico Freni, ha avvertito i partiti: si parlerà solo di manovra, le audizioni sugli altri temi si faranno in una diversa seduta, dopo aver concluso l’esame della legge di bilancio ed evitato l’esercizio provvisorio. Il testo della manovra, in ogni caso, identico a quello approvato la scorsa settimana dal Senato, dovrebbe approdare in Aula alla Camera giovedì 28 alle 13.30 per la discussione generale (nelle stesse ore in cui la premier Giorgia Meloni terrà la consueta conferenza stampa di fine anno, prevista il 21 dicembre e rinviata a causa dell’influenza) e l’indomani, venerdì 29 dicembre, alle 17, è previsto l’inizio delle dichiarazioni di voto, in diretta televisiva. Il Governo, questo l’accordo raggiunto nel corso della conferenza dei capigruppo, non dovrebbe far ricorso alla questione di fiducia.

Proseguono, intanto, le polemiche sul Mes. Dalle parti del M5S smentiscono i contatti con Luigi Di Maio per fare gioco di sponda dopo gli attacchi arrivati da Giorgia Meloni sulla ratifica del trattato che modifica il Fondo salva Stati. «Non ci risulta nessuna telefonata», assicurano fonti pentastellate sulla presunta chiamata, riportata da Repubblica, di un alto dirigente pentastellato all’ex ministro degli Esteri sul fax esibito da Giorgia Meloni in Senato. «Il lavoro sul dossier Mes è stato portato avanti alla luce del sole», a partire «dal dibattito parlamentare» richiamato in più occasioni da Conte, spiegano le stesse fonti. Sono proprio «questi fatti», invece, ad aver «smascherato le menzogne di Meloni in Parlamento». Di Maio, in ogni caso, si chiama fuori: «Non è una polemica che mi riguarda. Chi mi ha chiamato nei giorni delle dichiarazioni in aula del premier Meloni, è libero di dirlo se vuole», risponde l’inviato dell’Ue per il Golfo ed ex leader del M5S, risponde a chi gli domanda della vicenda. «Non ho nessuna intenzione di farmi trascinare in giochetti politici - aggiunge - Ho saputo della richiesta di un giurì d’onore dalla stampa come ogni altro cittadino italiano».

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