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Europa, la riforma del Patto è puro galleggiamento

Gianluigi Paragone
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A leggere le cronache, in poche ore l’Europa avrebbe partorito tre storici provvedimenti: un nuovo accordo in materia di migrazione, soprattutto per i richiedenti asilo; la riforma del patto di stabilità; la sentenza della Corte giustizia Ue sulla posizione dominante della Uefa e quindi un sostanziale via libera alla Superlega. Delle tre questioni credo che la gente comune abbia capito solo quella riguardante il calcio e quindi la possibilità di avere un campionato con le squadre più blasonate.
«Prepariamoci a pagare un’altra piattaforma per guardare le partite», commentavano al bar. Non è un caso che gli artefici della Superlega abbiano già messo le mani avanti parlando di gratuità dell’offerta, «perché pagheranno gli inserzionisti pubblicitari». Sarà così - prevedo - solo all’inizio poi inizieranno le offerte pay. Come al solito. Del resto ogni «offerta lancio» prevede un entry level gratis, free; poi arrivano i conti: se vuoi paghi.

 

 

 

Sarà così anche per l’Europa politica: la dilazione prevista dal «nuovo» Patto di stabilità appare comoda per questi tre anni, poi dal 2027 entreranno criteri di controllo sempre più rigidi. Esattamente come da partitura tedesca. Domandano: perché la Francia ha detto di sì? Azzardo e rispondo: per due motivi. Il primo è che Macron è figlio di quei mondi tecnofinanziari che hanno generato il patto di stabilità nella precedente formulazione come nella nuova; il secondo è che Macron nel 2027 terminerà il mandato, pertanto saranno affari di chi gli subentrerà, intanto lui può galleggiare. Ecco, il punto più debole della "storica" riforma del patto sta proprio nella mancanza di visione politica, è figlio delle stesse logiche che- gira e rigira- trovano nella cultura tedesca il capolinea. Le norme più importanti dell’architettura europea continuano a essere scritte con criteri meramente contabili, e ispirate da quel mondo finanziario che non vuole l’Europa politica e spinge perché la Ue sia di fatto "controllata" dalla Germania. Le soluzioni trovate, dicevamo, sono di mero galleggiamento per questi tre anni (nella speranza che il pil si animi una po’ altrimenti son dolori ugualmente), dopo di che dal 2027 osi cresce (e come fai?) oppure si sta a stecchetto: già era dura per noi stare sotto il 3 per cento, figuriamoci sotto l’1,5.

 

 

Di storico non c’è nulla, di visione politica meno ancora. La Storia sta tirando altrove e l’Europa, per suo peccato originale, non batte colpo. La Storia si sta muovendo sul fronte Brics, per esempio, con l’ingresso di Arabia, Emirati, Iran; sta giocando su una multipolarità dove la Cina apre il compasso e copre i nuovi paesi emergenti; la Storia tesse rapporti energetici (il Brasile entrerà dal primo gennaio nell’orbita Opec); l’Africa farà di tutto per scrollarsi di dosso un Occidente più predatorio che inclusivo. E poi i conflitti in corso, due dei quali lambiscono proprio il perimetro del Vecchio Continente, uno a est in Ucraina, l’altro in quel Mediterraneo sempre fuori dai radar tedeschi, quindi della Ue. Il mondo sta giocando scommesse epocali. E l’Europa si presenta con questo patto per sopravvivere a se stessa, sempre ammesso che ci riesca. Il guaio però è che i primi a soccombere potremmo essere noi.

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