Ue, patto sui migranti: via libera a ricollocamenti e rimpatri
«Il 20 dicembre 2023 passerà alla storia. È il giorno in cui la Ue ha raggiunto un accordo fondamentale su una nuova serie di regole per gestire la migrazione e l’asilo». L’enfasi utilizzata da Roberta Metsola può sembrare eccessiva. Ma non lo è. La presidente del Parlamento europeo ha ragione quando sottolinea la portata dell’accordo raggiunto ieri con il Consiglio. È il famoso Patto a cui Giorgia Meloni lavora da un anno in stretta sinergia con Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione assicura che «garantirà una risposta europea efficace a questa sfida, significa che saranno gli europei a decidere chi verrà nella Ue e chi potrà restarvi, non i trafficanti. Significa proteggere chi ha bisogno». I cinque pilastri su cui si è raggiunta l’intesa, che si sommano ad altri quattro già concordati, toccano tutti i principali aspetti dei flussi migratori: dallo screening dei migranti irregolari al loro arrivo nella Ue, al rilevamento dei dati biometrici, alle procedure per presentare e gestire le domande di asilo, alle norme per determinare quale Stato membro è responsabile della gestione di una domanda di asilo, ma anche cooperazione e solidarietà tra Stati membri e gestione delle situazioni di crisi. Tutto ciò non vuol dire che l’emergenza sarà risolta dall’oggi al domani. Quella definita ieri è la cornice normativa che dovrà essere messa in pratica.
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C’è già chi si sfila, come l’Ungheria, che respinge l’accordo «con la massima fermezza». «Non faremo entrare nessuno contro la nostra volontà», dichiara il ministro degli Esteri Peter Szijjarto. Le novità rispetto al passato sono molte. L’obiettivo è andare oltre il trattato di Dublino, che fino ad oggi addossava tutto il "peso" delle migrazioni sui Paesi di primo ingresso, Italia in primis. Adesso viene introdotto il «meccanismo di solidarietà obbligatorio», per cui nel caso di una forte pressione migratoria su alcuni Stati (come quest’anno sull’Italia), gli altri partner europei dovranno fare una scelta: accettare il ricollocamento nei loro confini di una percentuale di migranti o pagare un contributo finanziario alla nazione sotto pressione. Il nuovo regolamento fissa la soglia minima per i ricollocamenti a 30mila richiedenti asilo e il contributo economico a 600 milioni di euro. Il calcolo del contributo per ciascuno Stato varierà in base alla dimensione della sua popolazione (50%) e al suo Pil (50%). Se l’impegno dei Paesi terzi sarà ritenuto «insufficiente», lo Stato beneficiario potrà chiedere che gli altri si accollino direttamente la responsabilità di esaminare le domande di protezione. Viene stabilita anche una serie di criteri che definiscono la «situazione di crisi», in modo da limitare al massimo la discrezionalità. La riforma del regolamento Eurodac, invece, permetterà una migliore identificazione dei migranti, infatti alle impronte digitali si aggiungeranno le immagini del volto. Tutte le informazioni confluiranno in un unico database. Chi non soddisferà i requisiti per restare in Europa sarà sottoposto ad uno screening pre ingresso (identificazione, raccolta dati biometrici e controllo sanitario) della durata massima di sette giorni.
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È previsto anche il rafforzamento del controllo alle frontiere, una delle richieste che stavano più a cuore al governo italiano. Le procedure di asilo o rimpatrio alle frontiere dovranno essere "sbrigate" nell’arco massimo di dodici settimane. Il trattamento delle domande di asilo vero e proprio, invece, dovrà svolgersi in sei mesi. I migranti che vedranno respinta la loro richiesta dovranno essere rimpatriati entro tre mesi. Chi dichiara il falso sarà sempre soggetto alla procedura di frontiera subito dopo lo screening. Infine, la capacità considerata «adeguata» per lo svolgimento delle procedure al confine viene fissata in 30mila posti. Ogni Stato avrà un tetto annuale di domande da esaminare. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi definisce questo Patto «un grande successo per l’Europa e per l’Italia» e rivendica il ruolo svolto dal governo Meloni: «Abbiamo riportato al centro dell’agenda europea il tema migratorio». Che la direzione sia davvero cambiata lo testimonia la reazione unanime delle Ong, da sempre favorevoli all’ingresso indiscriminato dei migrante: «È un fallimento storico, i diritti vengono smantellati», sostengono Sea-Watch, Sea-Eye, Maldusa, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ People Saving People, AlarmPhone e Salvamento Maritimo Humanitario. Con loro si schiera Elly Schlein: «Vediamo più luci che ombre».
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