Parla il ministro Matteo Piantedosi: "Bloccati 84mila migranti da inizio anno"
L'emergenza migranti ha impegnato il governo sin dal suo insediamento. Il 2023 rimarrà l’anno simbolo della capacità dell’Italia di imporre in Europa le proprie linee guida sul fronte dei flussi migratori. Molti i risultati ottenuti. Merito principalmente del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Negli ultimi due mesi gli sbarchi sono in netta diminuzione. Un trend che è destinato a durare?
«A parte le condizioni climatiche che scoraggiano le partenze, si cominciano a vedere gli effetti degli accordi di collaborazione con Tunisia e Libia, i due principali paesi di transito. La prosecuzione a regime di questa collaborazione e la sua intensificazione ci fanno essere fiduciosi sul fatto che il trend di diminuzione degli arrivi possa confermarsi l’anno prossimo».
Come procede l’accordo con la Tunisia?
«La Tunisia quest’anno ha bloccato 83.944 partenze, tra migranti riportati a terra e persone bloccate prima di imbarcarsi, un dato superiore del 192% rispetto all’anno precedente. Questo dà l’idea dello sforzo che sta facendo Tunisi e di cosa sarebbe successo se, come pure auspicato da qualcuno, non sostenessimo la collaborazione con la Tunisia. Analogo ragionamento può farsi con la Libia. Nel 2024 contiamo di rafforzare questa collaborazione sul versante dei rimpatri volontari assistiti aiutando Tunisia e Libia a intercettare i migranti nel momento dell’ingresso nel loro territorio nazionale. Loro stessi ce lo hanno chiesto più volte. È un progetto che potrebbe fruire di finanziamenti europei e del contributo delle organizzazioni umanitarie internazionali».
Ci sono ritardi nella realizzazione dei nuovi Cpr e dove sorgeranno?
«Nessun ritardo. Più semplicemente si tratta dei tempi necessari per individuare le aree e poi per progettare e realizzare i siti. Peraltro, sono già in corso i lavori di ristrutturazione dei centri esistenti al fine di riportarli alla piena capacità operativa. Inoltre, puntiamo molto anche sui centri dove svolgere le procedure accelerate alla frontiera: uno è già stato aperto a Pozzallo mentre sono in corso le azioni preparatorie per la realizzazione di altri due».
I rimpatri sono in aumento o è ancora difficile rimandare nel loro Paese coloro che non hanno diritto a restare in Italia?
«Pur ereditando una situazione difficile, quest’anno registriamo un incremento del 10% sul fronte dei rimpatri. Non è ancora abbastanza per gli obiettivi del governo che intendiamo perseguire in primo luogo proprio attraverso il piano di realizzazione dei cpr».
Quali sono i Paesi di origine che collaborano e quali sono gli altri con cui volete stipulare accordi di cooperazione?
«Con molti paesi da cui provengono i migranti (Tunisia, Egitto, Nigeria, Marocco) abbiamo già accordi di collaborazione. Con l’estensione della rete dei cpr potremo rendere questi accordi ancor più efficaci. Infatti, come dimostrano le statistiche, i cpr sono determinanti per i rimpatri dei migranti irregolari».
È preoccupato per la sospensione dell’accordo con l'Albania che dovrebbe ospitare due centri per migranti?
«Nessuna preoccupazione. Secondo la legittima previsione dell’ordinamento albanese, è temporaneamente sospesa solo la ratifica dell’accordo con l’Italia. I tempi previsti saranno comunque compatibili con gli obiettivi che ci siamo prefissati. Confidiamo che il progetto vada avanti».
Le opposizioni dicono che è solo propaganda perché i posti previsti in Albania sono pochi. È vero?
«Alcune componenti dell’opposizione talvolta si appigliano a tutto per sostenere un’immigrazione senza regole che apra le porte praticamente a tutti. La realizzazione del progetto in Albania, che si ripromette una efficacia anche sul fronte della deterrenza, sarà la migliore smentita a tali affermazioni».
È trascorso quasi un anno dal decreto sulle Ong, quali risultati ha prodotto?
«La percentuale degli arrivi irregolari trasportati dalle Ong si è ridotta senza che questo fatto sia andato a detrimento del salvataggio delle persone a cui provvedono le nostre istituzioni che sono a questo preposte e per queste attività sono adeguatamente preparate».
Il governo ha definito la governance del Piano Mattei per l’Africa ma devono ancora essere definiti i contenuti. Quando produrrà effetti tangibili?
«È un progetto che intende coordinare e finalizzare le molteplici iniziative già in essere e quelle ulteriori che saranno realizzate ex novo. L’obiettivo è moltiplicarne gli effetti rendendole aderenti allo spirito del governo: sostenere lo sviluppo socioeconomico dei Paesi extra-Ue per affrontare e risolvere le cause profonde che spingono alle partenze irregolari. La realizzazione del piano fa parte di quelle soluzioni stabili e durature cui l’azione del governo tende per risolvere alla radice il problema dell’immigrazione illegale e non solo».
Cosa ne pensa dei finanziamenti alla Ong di Casarini e dei deputati delle opposizioni che gli avrebbero passato informazioni riservate della Finanza?
«Non sono solito commentare questioni che sono al vaglio dell’autorità giudiziaria».
Lei ha parlato di 28mila obiettivi sensibili in Italia, è ancora alto il rischio terrorismo?
«Deve essere alta l’attenzione anche rispetto a un rischio che ad oggi possiamo ritenere indefinito. Lo impongono la crisi in Medio Oriente e i vari focolai di tensione a livello internazionale».
Quali sono i risultati del contrasto alla minaccia jihadista in termini di arresti ed espulsioni?
«L’attenzione al rischio terroristico soprattutto di matrice jihadista è sempre stata alta, anche prima dell’attuale crisi. Dall’inizio dell’anno ci sono state 70 espulsioni per motivi di sicurezza nazionale, di cui 20 dopo il 7 ottobre. Sono numeri eloquenti dell’impegno che stiamo mettendo sul fronte della prevenzione. Non bisogna assolutamente abbassare la guardia».
Vede il rischio di una deriva antisemita nel nostro Paese?
«Il nostro è un Paese con una compiuta maturità culturale e democratica. Non potrà mai ricadere in derive razziste che sono state già sconfitte dalla storia. Nei confronti di episodiche e pur limitate riproposizioni di stereotipi e pregiudizi antisemiti dobbiamo essere tutti uniti nel respingere sul nascere simili farneticazioni».
Quali risultati sta producendo il decreto Caivano nel contrasto alla criminalità minorile?
«Sul fronte della criminalità minorile abbiamo varato una serie di misure che nel breve e nel medio periodo daranno risultati concreti, in primo luogo grazie a nuovi strumenti di intervento offerti alle forze di polizia e alla magistratura. Sono state realizzate anche azioni ad alto impatto sul territorio con l’impiego di centinaia di agenti anche per contrastare le bande giovanili. Questo tema ovviamente non si può affrontare solo sul piano della repressione ma va approcciato soprattutto sul piano della prevenzione. Proprio nell’area di Caivano abbiamo avviato investimenti anche e soprattutto sul piano del complessivo potenziamento dell’offerta sociale, educativa, culturale. Per dare nuove opportunità e riferimenti ai giovani, ad esempio, verrà riattivato un complesso sportivo che sarà affidato alle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato. È un modello che ha già dato buone prospettive in altri analoghi contesti».
Dopo un anno al governo c’è una cosa su cui pensa che si potesse fare di più?
«Va detto che sugli sbarchi di irregolari era legittimo aspettarsi qualcosa di più anche se per il momento ci incoraggia riflettere su cosa sarebbe successo se non avessimo adottato le importanti azioni di contenimento introdotte in questi ultimi mesi. Sono misure che potranno produrre effetti già a partire dal prossimo anno».
Invece c’è una cosa che la rende particolarmente orgoglioso?
«Rivendico una strategia complessiva che si pone l’obiettivo generale di riportare sempre di più le forze di polizia più vicino alla gente, sui territori, tra le persone, nei luoghi ad alta frequentazione e dove ci sono fenomeni preoccupanti. Ci stiamo riuscendo nelle aree delle stazioni e della movida, nelle piazze di spaccio, negli ospedali con decine di nuovi posti di polizia. Lo faremo sempre di più anche potenziando gli organici della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Nel 2023 sono entrate in servizio complessivamente oltre 14.500 unità con un saldo positivo, al netto del turn over, di quasi 4.000 assunzioni, invertendo una tendenza negativa a cui avevamo assistito negli ultimi anni. Perché per noi l’utilizzo di risorse per la sicurezza non rappresenta un costo, ma un fondamentale investimento per il futuro. Molto c’è ancora da fare ma è questa la linea lungo la quale proseguiremo anche nel 2024».