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Fallimento del Reddito di cittadinanza, quanto ci è costato ogni posto di lavoro

Pietro De Leo
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Il 2023 ha segnato il superamento del reddito di cittadinanza, con un’iniziativa del governo Meloni che, introducendo altri meccanismi di inclusione al lavoro e di sostegno per i più deboli, ha archiviato quella che era stata la misura principe del Movimento 5 Stelle. A fornire alcune cifre che certificano la scarsa efficacia del reddito è stato, in un’intervista a la Repubblica, Vincenzo Caridi, dal 2022 direttore generale Inps. «Dall’aprile 2019 a oggi sono stati spesi circa 34 miliardi per un importo medio mensile a famiglia di 540 euro al mese». Alla domanda su cosa non abbia funzionato, Caridi risponde: «Il collegamento con le politiche attive. Le agevolazioni all’assunzione dei percettori non hanno superato i 1.500 contratti dal 2019 a oggi. Le nuove misure incideranno di più, grazie a Siisl (sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa n.d.r). L’incrocio tra domanda e offerta di lavoro sarà sempre più efficiente e supportato dall’intelligenza artificiale».

Numeri, questi, che ieri hanno sollevato reazioni politiche. Secondo il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, le cifre fornite «evidenziano chiaramente quale sia stata la disastrosa portata del reddito di cittadinanza nella sua funzione di inserimento al lavoro. A fronte di solo 1.500 contratti incentivati, la spesa di questa misura è costata ben 34 miliardi di euro allo Stato italiano. E visto che la matematica Anno Quando è stato introdotto il reddito di cittadinanza che chiude i battenti quest’anno non è un’opinione, ogni posto di lavoro ci è costato più di 22 milioni di euro. Un inaccettabile sperpero di risorse pubbliche quello voluto dal Movimento 5 Stelle e dal suo presidente Conte».

Ancora dalla maggioranza, il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli, osserva: «Forza Italia ha sempre sostenuto che il reddito di cittadinanza andasse superato, perché nella sua formulazione originale non è stato efficace nell’inclusione al lavoro e peraltro ha messo molte persone in condizione di non lavorare e di alimentare il nero». Poi aggiunge: «Ben altra cosa è aiutare le fasce più deboli e gli inabili al lavoro, come facciamo attraverso l’assegno di inclusione. Così come riteniamo necessario l’innalzamento delle pensioni minime. Cosa che, anche questa, abbiamo iniziato a realizzare». Alle riflessioni del centrodestra, controreplica il Movimento 5 Stelle, con la senatrice Elisa Pirro, che definisce «parziali e fuorvianti» i numeri forniti da Caridi, che tuttavia «testimoniano alla perfezione la mala gestio dei Centri per l’impiego ad opera delle Regioni, guidate nella stragrande maggioranza dei casi dal centrodestra». Argomento molto gettonato dal Movimento 5 Stelle, quello delle ruolo delle regioni.

In realtà, le criticità intorno alla misura sono state molteplici, a fronte di un ingranaggio di inclusione al lavoro il cui inceppamento è stato certificato da tempo. Basti prendere il dato Inapp (Istituto nazionale analisi politiche pubbliche) diffuso lo scorso anno, prima delle elezioni politiche, in base al quale soltanto il 4% dei percettori che hanno trovato posto lo avrebbe fatto tramite centro per l’impiego (il resto attraverso canali più "tradizionali"). Poi c’è l’aspetto, in parte ricordato da Caridi, del mancato incrocio tra domanda ed offerta. Qui si colloca, ad esempio, il "cervellone" informatico promosso dall’ex presidente Anpal Mimmo Parisi, che avrebbe dovuto funzionare allo scopo, mai entrato a sistema. Così come i Puc, progetti di utilità collettiva che i Comuni avrebbero dovuto attivare per coinvolgere i percettori, messi in campo solo in piccolissima percentuale. Per non parlare poi della lunga aneddotica di truffe ed indebite percezioni. L’ultima un paio di giorni fa, in Puglia: all’interno di un’inchiesta su assunzioni fittizie di braccianti sono stati scoperti 53 beneficiari dell’assegno privi di titoli. Casistiche diverse tra loro, aspetti diversi tra loro ma che messi insieme testimoniano il malfunzionamento della misura.

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