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Pnrr, via libera Ue definitivo: avviati 231mila progetti, Sud indietro

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Dario Martini
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L'Ecofin, il Consiglio dei ministri dell'Economia della Ue, ha approvato la revisione del Pnrr italiano. È il via libera definitivo, dopo quella della Commissione, al piano di ripresa e resilienza dopo le modifiche apportate dal governo Meloni. Proprio il presidente del Consiglio parla di «un altro grande risultato del Governo che conferma la serietà e l'efficacia del lavoro svolto in questi mesi.
Intendiamo proseguire su questa strada, nella consapevolezza che il successo del nostro Pnrr è nell'interesse della Nazione e dei cittadini». Grazie a questa revisione, il Pnrr del nostro Paese passa dai precedenti 191,5 miliardi di euro a 194,4, così suddivisi: prestiti per 122,6 miliardi e sovvenzioni per 71,8. Come è stato possibile aumentare gli importi dei fondi destinati all'Italia? Semplice: grazie all'incremento degli obiettivi che da 527 passano a 614. Al momento le rate approvate da Bruxelles sono quattro. Secondo quanto prevede ed auspica il governo il via libera per la quinta dovrebbe arrivare entro la fine del mese. In merito all'ok da parte dell'Eurofin, arriva anche il commento del ministro agli Affari europei Raffaele Fitto, il quale ferma proprio la delegata al Pnrr: «Siamo molto soddisfatti dell'approvazione oggi da parte del Consiglio della revisione del Pnrr italiano. 

 

 

Si conclude in maniera positiva un lavoro intenso iniziato ad agosto e condotto con grande incisività dal governo italiano in stretta collaborazione con la Commissione europea» prosegue il ministro osservando che questa «decisione del Consiglio riconosce e sancisce la qualità di quanto fatto. Quello di oggi è certamente un passaggio decisivo ed importantissimo ma non è un punto di arrivo». Se le tariffe e gli obiettivi del Piano proseguono secondo i tempi previsti, occorre considerare anche l'altro lato della medaglia, ovvero l'avanzamento delle gare e dei lavori veri e propri. Come si dice in gergo, la cosiddetta «messa a terra». Su questo fronte, infatti, c'è ancora molto da fare, e riguarda spesso la capacità delle amministrazioni locali di avviare i progetti. Un quadro abbastanza esaustivo lo fornisce l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) che il 5 dicembre ha fotografato lo stato dell'arte aggiornato alla fine di novembre. Bisogna sottolineare che i progetti avviati dagli «attuatori» sono 231.140: 95.502 al Nord, 36.528 al Centro, 81.609 al Mezzogiorno, 17.501 di ambito nazionale (ovvero quelli che riguardano tutto il Paese e non una sola area geografica). La quota di risorse assegnate al Mezzogiorno «è significativa e allineata a quella del Nord». Eppure, si legge, «le differenze tra Regioni e tra macro aree si amplificano quando si comportano la quota dei progetti conclusi e la capacità di bandire e assegnare i lavori per la loro realizzazione». La quota dei progetti conclusi è ancora bassa in generale, ma «al Centro e al Mezzogiorno è poco più della metà di quella del Nord». Inoltre, «i ritardi nella messa a gara e nell'assegnazione dei lavori si concentrano soprattutto nel Mezzogiorno». Il motivo? «Le maggiori difficoltà nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni».

 

 

Ecco qualche dato: le Regioni del Centro e del Nord registrano quote di gare avviate rispettivamente del 30,1 e del 27,7%, mentre su progetti localizzati nelle Regioni del Mezzogiorno sono stati ad oggi avviate gare per un importo pari al 19,3 %».
Inoltre, «la distribuzione regionale restituisce un quadro disomogeneo all'interno delle tre nazionali. Nord, la quota dell'importo delle procedure avviate va dall'87% della Val d'Aosta al 18,3% del Veneto, mentre nel Mezzogiorno la Basilicata (80%) e l'Abruzzo (67%) registrano quote superiori alla media nazionale e Molise e Sicilia Al macro-aree (circa 10%) registrano le percentuali più basse in assoluto. Al Centro, Marche e Lazio si distinguono in negativo rispetto a Toscana e Umbria seppure con percentuali relativamente elevate (circa 26%)». E attenzione, come qualcuno paventava inizialmente, non c'è alcun problema di gare deserte. Le imprese che scelgono di partecipare allo sviluppo dell'Italia ci sono e non si tirano indietro. Delle 104mila gare del Pnrr, infatti, solo lo 0,54% (561) è andato deserto o risulta annullato.

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