sondaggio

Pd, un elettore su due vorrebbe Landini leader

Pietro De Leo

C’è un sondaggio che certifica quanto è già nell’aria, ovvero il potenziale politico del leader Cgil Maurizio Landini. Ad aver realizzato lo studio (tra il 28 e il 30 novembre) è Emg/Adnkronos. Ecco cosa esce: il 42% degli elettori del Pd e il 30% di quelli del Movimento 5 Stelle vedrebbero bene il segretario Cgil come nuovo leader della sinistra. A rispondere negativamente, invece, il 23% degli elettori Pd e il 44% di quelli pentastellati. In generale, alla domanda «tra Landini, Conte, Schlein chi vorrebbe come leader della sinistra?», il 32% opta per il capo sindacale, il 30% per Conte e il 20% per Schlein. Non risponde, invece, il 18%. A dare una spiegazione di questa dinamica, in un colloquio con l’Adnkronos è Fabrizio Masia, numero uno di Emg. «Una eventuale candidatura di Landini- osserva - si proporrebbe come elemento aggregante del centrosinistra capace di recuperare anche quei voti perduti». Inoltre, prosegue, «Landini in questo momento ha un ottimo appeal mentre mi pare che l’attività della Schlein stia faticando a prendere piede e consenso, mentre quella di Conte è più conservativa. Landini piace all’elettorato Pd e suscita molto interesse da parte di quella parte dell’elettorato di centrosinistra che non va a votare. Lui riesce a intercettare quelle istanze più fondate dei partiti di sinistra che non sono debitamente rappresentate».

Quanto a Elly Schlein, spiega ancora Masia, «certamente incarna alcuni valori storici della sinistra non a caso ha vinto le primarie prendendo tanti voti da parte di coloro che avevano votato Sinistra Italiana. Però credo che aldilà degli aspetti valoriali mancano, probabilmente, dei veri contenuti e idee programmatiche capaci di raccogliere il consenso dei cittadini ed interpretare i bisogni». Si tratta di un quadro numerico che pare certificare quanto già in corso, ovvero una mobilitazione di piazza (ieri l’ultima tappa, al Sud) che pare più che altro orientata a conquistare spazi politici a sinistra. Innescando un muro contro muro con il governo, che sta generando una serie di conseguenze. Da un lato, la spaccatura del sindacato. Mentre la Uil, infatti, ha deciso di seguire la vocazione piazzaiola della Cgil, la Cisl ha scelto una linea più dialogante, riconoscendo peraltro la condivisione di alcune misure contenute in manovra. L’altra conseguenza, poi, è l’impatto sullo scenario generale. L’economia italiana sta subendo certamente dei contraccolpi rispetto ad una congiuntura difficile, ma sostanzialmente tiene botta, e i recenti dati sull’occupazione stanno lì a dimostrarlo. Nonostante la frenata dell’inflazione, permangono molte incognite anche sul 2024, anche derivanti dalla politica dei tassi della BCE. In questo scenario, alimentare lo scontro sociale, riproponendo la formula novecentesca della contrapposizione imprese-lavoratori non fa bene al Paese.

  

E lo si coglie anche considerando i grandi cambiamenti a cui un sindacato, in evidente crisi di rappresentanza, dovrebbe dare risposta: lo stravolgimento nell’organizzazione del lavoro dovuto al dilagare delle nuove tecnologie (vedi anche alla voce intelligenza artificiale), il cambiamento del rapporto tra committenza e prestazione (a questo proposito è utile studiare il fenomeno della on-demand economy, di cui i rider delle consegne a casa sono l’esempio più immediato). In questo quadro, la Cgil ha scelto di comportarsi da pseudopartito, e i segnali di questo si ravvisano anche nelle mobilitazioni promosse su tematiche non strettamente ascrivibili alla rappresentanza, come la guerra in Ucraina o il l’allarme fascismo (ricordiamo la manifestazione promossa a Firenze dopo la rissa al liceo Michelangiolo). Non è certo la prima volta che entra in funzione un tunnel di passaggio tra sindacato di Corso Italia e partiti della sinistra. Basti vedere il percorso politico che, solo per citare gli ultimi anni, hanno compiuto Sergio Cofferati, Guglielmo Epifani, Susanna Camusso. Ma l’adozione di ogni linea politica ha un prezzo, e forse stavolta rischia di essere più alto.