usato sicuro

Alessandro Di Battista torna in politica. Ma rassicura: "Niente Europee"

Edoardo Romagnoli

Negli ultimi mesi sono spuntati tre partiti, anzi un partito, un movimento e un’associazione: il «Partito popolare del nord» di Roberto Castelli, il movimento di Gianni Alemanno «Indipendenza» e l’associazione «Schierarsi» di Alessandro Di Battista. Perché quando tutto sembra perduto arriva sempre qualcuno che fonda un partito. E se c’è il timore che la parola partito sia troppo inflazionata allora lo chiamano movimento o, ancora meglio, area culturale. In un Paese in cui la passione politica è ai minimi storici c’è ancora chi ci crede e si spende in prima persona per creare una nuova formazione. Ovviamente lo fanno tutti per il bene del Paese, per dare voce a chi non ne ha e perché gli altri politici in campo non capiscono nulla. La curiosità è che quasi mai chi si impegna in questa avventura è disposto a fare da gregario o portare semplicemente il proprio contributo in un partito che già c’è, almeno che non sia facilmente scalabile, vogliono tutti fare i protagonisti di una nuova storia. Ma andiamo con ordine. Tre giorni fa al Midas Hotel di Roma Gianni Alemanno ha presentato il logo del suo nuovo movimento «Indipendenza». Un raggruppamento eterogeneo che vede insieme due ax An, Fabio Granata, Massimo Arlechino e Marcello Tagliatela, l’ex Casapound Simone Di Stefano, ma anche gli ex comunisti Marco Rizzo e Francesco Toscano, del gruppo di «Democrazia sovrana e popolare», oltre a Cateno De Luca, sindaco di Taormina e ideatore, a sua volta, del partito «Sud con Nord», e l’ex leghista veneto Vito Comencini. Un pot-pourri tenuto insieme dalla posizione pro Palestina e dal giudizio negativo nei confronti della maggioranza e dell’opposizione. «Meloni e Schlein sulla guerra e l’economia dicono le stesse cose, poi litigano sulle stupidaggini» ha dichiarato Alemanno. Rizzo rincara la dose e spiega l’obiettivo del programma «vogliamo un’Italia indipendente che non faccia parte della Nato e dell’Ue, che non sia sotto la dittatura dell’euro». Ancora più duro Comencini che parlando di Meloni l’ha definita «il barboncino di Biden».

 

  

 

Due giorni fa a Napoli Alessandro Di Battista ha presenziato a un nuovo evento della neonata associazione. Il nome? «Schierarsi». L’ex grillino però ci ha tenuto a specificare che non si candideranno alle Europee. Dopo essere rimasto fuori proprio nel momento in cui i grillini sedevano sugli scranni più alti del Parlamento e del Governo Dibba tenta un’operazione revival in cui riproporre i temi del primo Movimento. Non a caso il simbolo sono cinque omini stilizzati, come le ormai celebri cinque stelle. «Tutte le cariche sociali sono a titolo gratuito» ha spiegato il tesoriere Danilo Puliani. Di Battista sarà vicepresidente perché a presiedere la nuova formazione sarà Luca Di Giuseppe anche lui con un passato nel Movimento di Grillo e Casaleggio nonostante la giovane età (26 anni). Anche qui uno dei temi che fa da collante è la condanna allo Stato di Israele, ma nel programma ci sono anche le battaglie per l’acqua e la sanità pubblica, una non ben specificata ecologia popolare e una critica al mercato libero, tutto all’insegna di un populismo post ideologico che rifiuta vecchie categorie e antichi simboli.

 

 

Ultimo, ma solo in ordine temporale: il Partito Popolare del Nord che ieri è stato presentato dall’ex ministro leghista Roberto Castelli a Milano. Una formazione di «donne e uomini liberi delle terre del Nord che si riconoscono nei valori di libertà, autonomia e democrazia; nei valori della tradizione giudaico cristiana, nella difesa delle persone che crescono e lavorano per consentire alle future generazioni una vita libera e degna di essere vissuta; nei valori della solidarietà, dell’attenzione per i fragili e per i più bisognosi». Un partito che vorrebbe riportare in auge le battaglie storiche della Lega che, secondo Castelli, con Matteo Salvini ha preso una deriva «meridionalista». Anche se il concetto di nord della nuova formazione di Castelli è molto ampio visto che comprende la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia, il Trentino Alto Adige/Sudtirol, il Veneto, Friuli Venezia Giulia, ma anche la Liguria, l’Emilia Romagna e le Marche. Ovviamente la battaglia è quella per l’autonomia e non a caso la prima stoccata dell’ex ministro è per Calderoli e una riforma che «non ci porterà lontano». Ormai sulla scena politica i partiti non mancano, adesso non resta che attendere gli elettori.