Premierato, Mattarella firma il decreto legge
Dopo poco più di 24 ore dall’arrivo del testo al Quirinale, Sergio Mattarella autorizza la presentazione alle Camere del disegno di legge costituzionale sul premierato, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 3 novembre e approdato al Quirinale. Dare il via libera alla trasmissione al Parlamento di un disegno di legge è un atto dovuto da parte del presidente della Repubblica. La rapidità con la quale è arrivato l’ok dell’inquilino del Colle e dei suoi uffici, però, sembra quasi voler rendere plastica la volontà del Quirinale di non interferire sulla riforma voluta da Giorgia Meloni e messa nero su bianco dalla ministra Elisabetta Casellati. Il Parlamento è sovrano ed eventualmente lo saranno anche gli elettori qualora si dovesse arrivare al referendum, è il ragionamento che filtra dall’ex palazzo dei Papi. Il Quirinale, del resto, ha scelto sin dall’inizio di restar fuori dalla partita. Sebbene nei corridoi di Montecitorio e Palazzo Chigi sia circolata a lungo la voce secondo la quale dietro la decisione di mantenere la nomina dei ministri in capo al presidente della Repubblica ci sia stato l’intervento del Colle, Mattarella ha tenuto invece a non intervenire in alcun modo nell’iter di una riforma costituzionale che andrebbe a toccare i suoi poteri. Niente interferenze, richieste di modifica o veti, insomma, e «nessuna condivisione» del testo in fase di scrittura, era stata la sottolineatura. Il disegno di legge sul premierato potrà ora iniziare il suo iter parlamentare. Dal momento che il testo va a modificare la Costituzione, è necessaria una doppia lettura da parte di Camera e Senato, a una distanza non minore di tre mesi l’una dall’altra. Nella seconda votazione, per incassare il via libera, serve la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Se la riforma viene approvata da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti «non si fa luogo», recita la Carta, al referendum popolare.
«Lavoreremo perché» la riforma «possa avere il più ampio consenso possibile e possa raggiungere la maggioranza dei due terzi», ha ribadito Meloni nei giorni scorsi. La premier, in ogni caso, si è detta convinta che anche in caso di referendum «la maggioranza degli italiani coglierà l’occasione storica di accompagnare l’Italia nella Terza Repubblica e renderla una democrazia matura, più stabile ed efficiente». Il ddl Casellati inizierà il suo percorso in Parlamento dal Senato. È soprattutto ai voti di Italia viva che guarda la maggioranza, ma Matteo Renzi frena sulla riforma: «Io sono sulla stessa posizione di sempre: sono per l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il problema è che questa riforma non deve essere pasticciata - ribadisce l’ex premier - Possibile che noi eleggiamo direttamente il presidente del Consiglio e questo o questa non ha neanche il potere di revocare o nominare i ministri? Con la riforma Casellati, un pasticcio, il premier non lo può fare».