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Meloni dà i veri dati. L'occupazione vola: chi cerca lavoro lo trova

Filippo Caleri
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Mentre c’è chi si occupa di portare in piazza i lavoratori, di fermare il Paese per giuste rivendicazioni contrattuali, ma anche per ragioni politiche, altrettanto legittime ma non quando inficiano la vita dei cittadini, Meloni risponde con i numeri. In un breve filmato su X, il premier ha rivendicato con orgoglio e soddisfazione gli andamenti del mercato del lavoro. Dati oggettivi quindi. Anche loro soggetti a distorsioni secondo l’interpretazione di chili legge. Ma comunque più oggettivi degli slogan. Ebbene il primo ministro ha ripreso i numeri dell’Istat diffusi a settembre che testimoniano un momento felice per l’occupazione in Italia. A dispetto delle crisi internazionali e geopolitiche nel mese in questione sono stati rilevati 42 mila occupati in più. Il che porta i nuovi arrivati nelle aziende e uffici del Paese a 512 mila in più negli ultimi 12 mesi.

 

 

Non solo. Come ha ricordato il presidente del consiglio il tasso di occupazione, e cioè il numero di chi ha un lavoro rispetto alla platea di chi è potenzialmente abile all’impiego, è salito al 61,7%, un nuovo massimo storico. In numeri assoluti si tratta di un numero di posizioni lavorative accese pari 23milioni 656mila e registra, rispetto a settembre 2022, un aumento di 443 mila dipendenti permanenti ( cioè lavori stabili) e di 115 mila autonomi. In calo anche il numero dei dipendenti a termine inferiore di 47 mila unità. Un effetto anche questo positivo perché in parte legato alla conversione dei contratti precari in lavoro stabile.
Altri segnali positivi, da interpretare, derivano dall’analisi del tasso di disoccupazione, che registra invece le persone iscritte nelle liste di chi cerca lavoro. Un valore salito leggermente al 7,4% dal 7,3% di agosto ma che è corroborato da un calo dell’inattività.

 

 

Dunque chi finora era rimasto ai margini del lavoro, cioè che non lo cercava, si è rimesso in pista contribuendo alla crescita dell’indice. La crescita del numero di persone in cerca di lavoro (+1,9%, pari a +35mila unità) coinvolge le donne e riguarda tutte le classi d’età. A portare ottimismo è sempre nel caso della disoccupazione, quella giovanile, pari al 21,9%, che scende di 0,1 punti percentuali. Certo è innegabile che ancora molto ci sia da fare. Il valore dei senza lavoro è superiore alla media dell’eurozona che, Eurostat, indica, nello stesso mese, al 6,5%. E ancora più preoccupante è il divario ancora più elevato tra le donne, con il tasso di disoccupazione femminile che in Italia è salito all’8,3% a settembre, a fronte di una media in Europa, stabile al 6,8%. Vanno però in questa direzione gli aiuti che la Manovra per il 2024, pur nell’esiguità delle risorse a disposizione, ha messo sui nidi e sui congedi parentali, per consentire alle donne di coniugare il lavoro con la cura dei figli.

 

 

Un investimento a lungo termine che può consentire un ulteriore innalzamento del tasso di occupazione e per questa via aumentare il Prodotto interno lordo. Diverso il discorso per i giovani. La distanza è ancora più lunga per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni: la disoccupazione giovanile italiana è al 21,9%, quella media dell'Eurozona al 14%. Ma in questo caso il problema è un altro. Il mancato allineamento tra le ricerche delle imprese, che continuano a lamentare di non trovare le figure professionali di cui hanno bisogno, e le competenze di chi cerca impiego. Per questo ci sono ampi margini di miglioramento. «Non bisogna cullarsi sugli allori» ha spiegato Meloni ma è certo che: «I segnali sono incoraggianti e rafforzano la nostra convinzione che la strada intrapresa sia quella giusta. Con i nostri provvedimenti stiamo restituendo a questa nazione la stabilità e la credibilità che serve anche a chi produce ricchezza con serenità».

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