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Salario minimo, bocciatura pure dalla Cgia: “Non è la soluzione al problema dei poveri”
Un’altra doccia fredda per la proposta, forse l’unica, che compatta la sinistra, quella del salario minimo. A bocciare l’idea è l’Ufficio Studia della Cgia di Mestre: “Come ha avuto modo di segnalare anche il Cnel, il problema dei lavoratori poveri non parrebbe riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano un numero di giornate molto contenuto. Pertanto, più che a istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto. Per innalzare gli stipendi dei lavoratori dipendenti, in particolar modo di quelli con qualifiche professionali minori, bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e diffondere maggiormente la contrattazione decentrata. Avendo una delle percentuali relative al numero di lavoratori coperto dalla contrattazione collettiva nazionale tra le più alte a livello europeo (95 per cento del totale dei lavoratori dipendenti), dovremmo spingere per diffondere ulteriormente anche la contrattazione di secondo livello, premiando, in particolar modo, la decontribuzione e il raggiungimento di obbiettivi di produttività, anche ricorrendo ad accordi diretti tra gli imprenditori e i propri dipendenti. Così facendo, daremmo una risposta soprattutto alle maestranze del Nord e in particolar modo delle aree più urbanizzate del Paese che, a seguito del boom dell’inflazione, in questi ultimi due anni hanno subito, molto più degli altri, una spaventosa perdita del potere d’acquisto”.
Oltre ad estendere l’applicazione della contrattazione decentrata, l’Ufficio studi della Cgia ritiene che per appesantire le buste paga sarebbe necessario rispettare le scadenze entro le quali rinnovare i contratti di lavoro. Al netto del settore dell’agricoltura, del lavoro domestico e di alcune questioni di natura tecnica, al 1° settembre scorso il 54 per cento dei lavoratori dipendenti del settore privato aveva il Ccnl scaduto. Si parla di quasi 7,5 milioni di dipendenti su un totale che sfiora i 14 milioni. Dopo quello del Cnel un altro parere che demolisce l’idea portata avanti da Elly Schlein, Giuseppe Conte e Carlo Calenda.