“fatevene una ragione”
Governo, Meloni gela la sinistra: “Maggioranza compatta, fatevene una ragione”
L’Italia andrà a Bruxelles con «la schiena dritta, la credibilità che ha saputo conquistarsi in questo anno», alla faccia «dei più scettici». Poi, volgendo lo sguardo ai banchi delle opposizioni e alla tribuna dove sono assiepati cameramen e cronisti, Giorgia Meloni scandisce: «La maggioranza è compatta, fatevene una ragione». Il presidente del Consiglio conclude così le sue comunicazioni nell’aula del Senato in vista del Consiglio europeo di Bruxelles in programma oggi e domani. I ministri si alzano dagli scranni e si uniscono all’applauso partito dai banchi della maggioranza. È qualcosa di più della semplice approvazione di un discorso politico. È un abbraccio simbolico per archiviare gli ultimi giorni contrassegnati dagli strascichi dei fuorionda di Striscia. I temi toccati dal capo del governo in 42 minuti d’intervento sono diversi: il conflitto in Medio Oriente, quello in Ucraina, l’emergenza migranti e il rischio terrorismo, le politiche green in sede europea e la riforma del Patto di stabilità. Aspetti che affronta di nuovo nel pomeriggio alla Camera partecipando al dibattito in aula, dove i toni si alzano quando il premier risponde con toni decisi alle opposizioni.
SOSTEGNO A ISRAELE - Meloni non può che partire da qui: «Non può esserci nessuna ambiguità nel condannare nel modo più fermo Hamas e i crimini del quale è responsabile, non può esserci alcun distinguo sulla condanna ad ogni forma di antisemitismo». Parole che possono apparire scontate, ma non lo sono affatto. La dimostrazione arriva dalla Turchia, dove quasi in contemporanea Erdogan definisce «liberatori» i miliziani di Hamas. Meloni invita tutti a non cadere nella «trappola di uno scontro di civiltà», ed esorta ad essere «consapevoli degli schieramenti in campo», perché non si possono ritenere uguali, soprattutto se uno dei due «decapita i neonati».
UCRAINA - Il premier avverte: «Non dobbiamo commettere l’errore di affievolire il nostro sostegno alla causa ucraina», in questa fase dove gli occhi del mondo sono puntati per ovvie ragioni su Israele e Gaza.
RISCHIO JIHAD - Meloni è consapevole di quanto «inquieti» vedere il ricomparire dei «lupi solitari». Poi conferma quanto ripetuto nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Dobbiamo fare i conti con i rischi connessi all’infiltrazione diretta di jihadisti dal Medio Oriente», dice il capo del governo, confermando l’attenzione particolare alle migrazioni da est: «I più recenti rapporti dei nostri Servizi ci hanno confermato che proprio dalla rotta balcanica e da queste modalità operative di infiltrazione possono arrivare per noi maggiori rischi».
MIGRAZIONE ILLEGALI - Oggi e domani a Bruxelles Meloni si concentrerà sui seguenti punti: «Implementazione dell’accordo con la Tunisia, piena attuazione del Piano in dieci punti della Commissione, varodi una missione navale europea».
PATTO DI STABILITÀ - L’impostazione del governo sulle regole fiscali europee è semplice: «Si deve trattare di un patto di crescita e stabilità», dove la parola «crescita» viene prima di «stabilità».
SCONTRO CON CONTE - Alla Camera le opposizioni attaccano il premier per l’Iva sugli assorbenti che passa dal 5 al 10%,. Polemiche strumentali, secondo Meloni, che spiega: «Quel taglio semplicemente non ha funzionato». Poi si rivolge a Giuseppe Conte, ricordando un colloquio che l’allora premier ebbe con Angela Merkel a Davos: «Vi dico quale è stato il più basso punto di credibilità di un governo italiano all’estero e vi dico che finché governerò non mi vedrete mai rincorrere al bar un mio pari grado per tranquillizzarlo sul fatto che i membri della mia maggioranza scherzano, che devono dire qualcosa al loro pubblico, ma che alla fine si farà quello che vogliono gli altri. Non mi vedrete mai rappresentare l’Italia così, costi quel che costi». Dai banchi del M5S si levano grida di dissenso, spezzate di nuovo dalle parole di Meloni: «Vi vedo nervosi. Io governo da un anno, governerò per altri 4 anni e alla fine chiederò agli italiani cosa ne pensano perché la democrazia funziona così».