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Meloni ambasciatrice di pace: "Due popoli e due Stati. E lotta all'antisemitismo"

Gianni Di Capua
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Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi conversazione intorno a un tavolo, con una colomba bianca al centro come simbolo di pace, i leader di oltre 30 Paesi per provare a sbrogliare la matassa del conflitto israelo palestinese. Fra loro anche Giorgia Meloni che lancia un duplice messaggio: «l'efferatezza» dell'attacco di Hamas «lascia inorriditi» e «va condannata senza ambiguità» allo stesso tempo però occorre compiere tutti gli sforzi necessari per evitare una escalation del conflitto perché, dice Meloni, «la reazione di uno Stato non può e non deve mai essere motivata da sentimenti di vendetta» ma deve basarsi «su precise ragioni di sicurezza, commisurando la sua forza e tutelando la popolazione civile». La premier dà la sua lettura dei fatti sanguinosi del 7 ottobre: ​​il vero obiettivo dell'attacco di Hamas non era «difendere il popolo palestinese» ma «costringere Israele a una reazione contro Gaza che minasse alla base ogni tentativo di dialogo e creasse un solco incolmabile tra i paesi arabi, Israele e l'Occidente». 

 

 

In buona sostanza «il bersaglio» di Hamas mette in guardia la premier italiana «siamo tutti noi e io non credo che noi possiamo cadere in questa trappola: sarebbe una cosa molto, molto stupida». Ciò che accade a Gaza non deve trasformarsi in «una guerra di religione» o «in uno scontro tra civiltà, rendendo vani gli sforzi che pure coraggiosamente in questi anni sono stati fatti per normalizzare i rapporti».
Quella di Hamas, sottolinea Meloni, «è una jihad islamica» e la causa palestinese «non c'entra nulla» con le sue azioni. La condanna del premier è durissima: «Nessuna causa giustifica il terrorismo, nessuna causa giustifica donne massacrate e neonati decapitati, volutamente ripresi con una telecamera. Di fronte ad azioni di questo tipo, uno Stato è pienamente giustificato a rivendicare il suo diritto all'esistenza e alla difesa», scandisce il presidente del Consiglio guardando negli occhi il «padrone di casa» al-Sisi affinché i Paesi più legati ad Hamas intendono, in particolare il Qatar. Sono concetti che la leader di Fratelli d'Italia in parte ribadirà anche nel «lungo e cordiale» faccia a faccia con Abu Mazen, il quasi 88enne leader dell'Autorità nazionale palestinese. Meloni conferma il sostegno dell'Italia «alla legittima Autorità rappresentativa del popolo palestinese, il quale certamente non si identifica con Hamas» e torna a porre l'accento sul sostegno alla prospettiva dei due Stati, unica possibile soluzione «strutturale» della crisi. 

 

 

A margine del vertice del Cairo va in scena anche un secondo incontro: quello fra Meloni e al-Sisi. Un faccia a faccia «sulla necessità di sostenere un'urgente e coordinata azione diplomatica volta a contenere» un'ulteriore espansione del conflitto in Medio Oriente, ma anche «per approfondire le urgenti necessità umanitarie a Gaza». Vertice da cui però non emerge una dichiarazione finale condivisa per alcune divergenze fra le diplomazie dei Paesi arabi e quelli occidentali. Dopo il summit Meloni vola a Tel Aviv per vedere il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente israeliano Isaac Herzog. «Sono felice di essere qui. Ho pensato che fosse molto importante venire qui di persona per portare la solidarietà del governo italiano e del popolo italiano e per dirti che dalle immagini che abbiamo visto per noi è incredibile quello che è successo due settimane fa. Mostrano qualcosa di più di una semplice guerra, mostrano la volontà di cancellare gli ebrei da questa regione ed è un atto di antisemitismo. Dobbiamo combatterlo, oggi come ieri».

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