Bilancio, il premier Giorgia Meloni: "Manovra da 24 miliardi seria e realistica"
Una manovra «molto seria e realistica» che concentra «le poche risorse a disposizione su chi ha maggiormente bisogno». Giorgia Meloni fotografa così la sua prima "vera" legge di bilancio da «poco meno di 24 miliardi di euro» approvata in Consiglio dei ministri. Un via libera, spiega la premier presentandosi in conferenza stampa assieme ai vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e al titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, arrivato «a tempo di record, in poco più di un’ora, a dimostrazione dell’unità di vedute del Cdm e della maggioranza che sostiene il governo». Per il ministro dell’Economia si tratta di una manovra che «ha una sua solidità, sono confidente che quando sarà letta nel particolare potrà avere una favorevole valutazione da parte dell’Ue e dei mercati oltre che degli italiani che recentemente ci hanno premiato acquistando il Btp valore». La presidente del Consiglio, prima di rientrare a Chigi per incontrare il Re di Giordania, si dice «fiera» del risultato perché la finanziaria «non spreca risorse in cose inutili ma le concentra su alcune grandi priorità». Meloni ringrazia poi la squadra di governo per la spending review messa in atto «perché la gran parte di questo lavoro è stato fatto anche chiedendo sacrifici ai ministeri, da palazzo Chigi in poi». «Tutti abbiamo tagliato qualcosa nelle nostre spese e nel nostro funzionamento altrimenti non avremmo potuto tirare fuori queste risorse per famiglie, lavoratori, pensionati - sottolinea -. Credo sia un grande segnale di serietà ma anche di disponibilità». Concetto ribadito dal titolare della Farnesina e segretario di FI, Antonio Tajani: «Siamo partiti diversi ma quando c’è da prendere una decisione per i cittadini ci troviamo in perfetta sintonia». I circa 24 miliardi messi in legge di bilancio, ricorda quindi Meloni, «sono il frutto per quasi 16 miliardi di extragettito e per il resto di tagli di spese». Certo, ammette, «il quadro è abbastanza complesso» perché «nel 2024 avremo circa 13 miliardi euro di maggiori interessi sul debito, da pagare in forza delle decisioni assunte dalla Bce, e circa 20 miliardi di euro di Superbonus». I conti, perciò, sono presto fatti: «L’aumento dei tassi e il Superbonus fanno complessivamente più della manovra». La prima priorità che Meloni cita illustrando la finanziaria è quella che fa riferimento alla difesa del potere d’acquisto delle famiglie con redditi medio-bassi: «Lo facciamo confermando per l’intero 2024 il taglio del cuneo contributivo per chi ha redditi fino 35mila euro. È un aumento in busta paga che mediamente corrisponde a circa 100 euro al mese per una platea di 14 milioni di cittadini. È il provvedimento più corposo perché cuba circa 10 miliardi per l’intero anno». A rafforzarlo, evidenzia, c’è la riduzione degli scaglioni Irpef da quattro a tre. Misura che tuttavia «vedranno in busta paga solo i redditi medio-bassi», perché per quelli che rientrano nella quarta aliquota «noi sterilizziamo il beneficio con una franchigia sulle detrazioni fiscali».
Fra le misure principali, aggiunge Meloni, ecco i 7 miliardi messi in campo per rinnovare i contratti nella Pa (di cui oltre 2 alla sanità), con «priorità» al comparto sicurezza. Per il settore sanitario, «ci sono 3 miliardi in più rispetto al previsto e sono destinati all’abbattimento delle liste d’attesa». Prevista inoltre «la rivalutazione delle pensioni in rapporto all’inflazione» e «confermata la super rivalutazione delle pensioni minime per gli over 75 anni». Eliminato invece il vincolo che prevede per chi è nel sistema contributivo di andare in pensione con l’età raggiunta solo se l’importo della sua pensione è inferiore a 1,5 volte la pensione sociale. Ape Sociale e Opzione Donna, inoltre, vengono sostituiti da un unico Fondo per la flessibilità in uscita. Sul fronte famiglia Meloni annuncia lo stop al taglio dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia, ma «aggiungiamo tre misure per un importo di un miliardo di euro». La prima riguarda il congedo parentale con l’aggiunta di un ulteriore mese «utilizzabile fino a 6 anni di vita del bambino retribuito al 60%». La seconda è indirizzata all’aumento del fondo per gli asili nido: «Il nostro obiettivo è dire che al secondo figlio l’asilo nido è gratis». Infine, «prevediamo che le madri con due figli o più non paghino i contributi a carico del lavoratore. Ovviamente con dei limiti: il limite è, per le madri con due figli, finché il secondo figlio ha 10 anni; con le madri con tre o più figli, fino a quando il figlio più piccolo ha 18 anni». Il concetto, conclude, «è che una donna che mette al mondo almeno due figli ha già offerto un importante contributo alla società, e quindi lo Stato cerca di compensare pagando i contributi previdenziali».