
Israele, Stefania Craxi: "Chi va in piazza per Hamas non difende i palestinesi"

Da oltre una settimana la comunità internazionale segue con apprensione l’ultimo capitolo del conflitto arabo-israeliano. Nel campo della certezza ci sono le immagini del violento attacco, senza precedenti, dell’organizzazione palestinese di matrice islamica Hamas; ciò che invece rimane al momento incerto è il grado, l’intensità della reazione che metterà in campo Israele nella Striscia di Gaza. E proprio questo potrebbe essere uno tra i fattori che determineranno l’evolversi e la durata della crisi mediorientale in atto. Nessun Paese può dirsi «immune» - ha dichiarato al Tempo il presidente della commissione Affari Esteri del Senato, in quota Forza Italia, Stefania Craxi - dalle conseguenze generate da tale focolaio. Una tra le ragioni per cui le diplomazie internazionali vivono ore frenetiche.

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Senatrice Stefania Craxi secondo lei quali sono le motivazioni principali di questa recrudescenza tra israeliani e palestinesi?
«C’è una concomitanza di fattori, una miscela tra dimensione locale e regionale, con tanto di ingerenze, più o meno dirette, di attori esterni che puntano a trarre vantaggi da un contesto internazionale deteriorato, segnato da disordini e conflitti diffusi. L’atto di guerra di Hamas vuole dimostrare che Israele è in un qualche modo vulnerabile, ambisce a regolare i conti interni al mondo palestinese, mettendo ancor più all’angolo e delegittimando definitivamente l’Anp (autorità nazionale palestinese, ndr) ma, soprattutto, è finalizzato a ostacolare il processo di distensione regionale tra Israele e parte del mondo arabo. Bisogna impedire che questi obiettivi “politici” possano essere anche in minima parte raggiunti».
Il conflitto è iniziato da poco più di una settimana.

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Quale scenario dobbiamo aspettarci: c’è il rischio che la guerra duri a lungo e coinvolga altri Paesi?
«Non credo che i tempi saranno brevi. Ma tutto dipenderà dal tipo di risposta che metterà in atto il governo israeliano. Ai suoi nemici, Hamas come Teheran, non dispiacerebbe affatto che si impantani in un’invasione della Striscia di Gaza, con una “guerriglia”, casa per casa, che azzererebbe parte della sua supremazia militare, con costi elevati sotto ogni profilo. Per questo auspico cautela e saggezza. Abbiamo a che fare con un movimento terroristico inserito in un network di alleanze che coltiva interessi e disegni di più larga portata. Inoltre bisogna evitare, tutti noi dobbiamo augurarcelo, un contagio regionale. È un bene che gli sforzi evidenti di tutta la comunità internazionale, Stati Uniti in testa, vadano in questa direzione».

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Ritiene che si possa mai giungere a una soluzione definitiva e soddisfacente per entrambe le parti in Medio Oriente?
«È una speranza che va coltivata anche nell’ora più buia e per la quale bisogna spendersi senza illusioni e retoriche. Nel farlo, dobbiamo prendere contezza che l’intero quadrante è attraversato da dinamiche assai diverse dal passato, che sfruttano questioni antiche e irrisolte.
La stessa formula “due popoli, due Stati”, sebbene valida sul piano di principio, appare difficilmente praticabile sulla base immaginata. Serve un approccio nuovo e occorre anche e soprattutto un’assunzione di responsabilità del mondo arabo consapevole». Inevitabilmente le cancellerie di tutto il mondo stanno giocando un ruolo cruciale e delicato. Come si sta muovendo e muoverà la nostra diplomazia? «Con grande equilibrio e buonsenso. Avendo come bussola, in questo come in altri contesti, il diritto internazionale unito al grande senso di umanità e della storia che contraddistingue da sempre il nostro Paese. Ma voglio ricordare che siamo anche impegnati sul campo, all’interno della missione Unifil, con i nostri militari dislocati nel confine nord tra Israele e Libano. Un’area, come stiamo vedendo in queste ore, assai incandescente, dove operano le milizie armate di Hezbollah, che agiscono in sinergia con Hamas».

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Alla luce di quanto detto dai ministri Guido Crosetto, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi quali rischi corre l’Italia? «Il governo ha innalzato tempestivamente le misure di vigilanza e sicurezza e, per I una serie di ragioni, l’Italia storicamente sembra meno esposta di altre realtà europee, come la Francia. Ma nessuno è immune. L’attenzione è e deve restare alta. C’è stato una sorta di richiamo alla jihad per ogni “lupo solitario”». Inoltre, oggi ricorre l’ottantesimo anniversario del rastrellamento del Ghetto a Roma... «La memoria è un dovere, va sempre alimentata e coltivata, in qualsiasi contesto. Le tante iniziative che sono state immaginate devono svolgersi, e sono fiduciosa che tutto, grazie anche ai nostri apparati di sicurezza e alle forze dell’ordine, andrà per il meglio». Non sono passate inosservate le manifestazioni pro-Palestina e Hamas, celebrate a Roma e Milano, dove hanno partecipato tanti elettori di sinistra e perfino un ex brigatista come Francesco Giordano. Cosa ne pensa? «Difendere Hamas è l’opposto che difendere le ragioni del popolo palestinese. Non si può far peggior servizio alla loro causa. Se non capiscono neanche questo... È esploso, già con il conflitto in Ucraina, un inquietante antioccidentalismo di rimando, specie in questa pseudo-sinistra. Si tratta di qualcosa di ben radicato in questo mondo, presente fin dai tempi del Pci e mai venuto meno. Non è un caso che anche su questo fronte, già allora, il Psi e Craxi impressero una svolta, seguendo la direzione opposta».
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