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Migranti, disgelo tra Scholz e Meloni. Ma Orban strappa

Leonardo Ventura
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I Ventisette sono tutti d'accordo sul fatto che la priorità è fermare l'immigrazione illegale a partire dalla dimensione esterna. È soddisfatta la premier Giorgia Meloni che ha portato all'attenzione del vertice di Granada il tema migranti. Prima col tavolo sui trafficanti promosso assieme al premier britannico Sunak, poi con il dibattito che si è creato a vari livelli tra i leader. Rimane l'amarezza di non aver visto approvare il capitolo migranti nella Dichiarazione finale. Polonia e Ungheria le hanno provate tutte per far inserire il principio che le decisioni sulla materia devono essere adottate all'unanimità. Un appello contrario al Trattato Ue, che prevede la maggioranza qualificata in questi casi, e che ormai nessuno ascolta più. L'escamotage per aggirare l'unanimità ed evitare un danno di immagine è stata l'approvazione di una dichiarazione a nome del presidente del Consiglio europeo, che definisce la migrazione «una sfida europea che richiede una risposta europea». Questa volta l'attenzione si sposta sulla migrazione irregolare che «deve essere affrontata immediatamente e in modo risoluto» e si ribadisce il concetto che non sono i trafficanti a decidere chi entra nell'Ue.

 

 

L'ungherese Orban ha provato anche ad alzare i toni, accusando l'Ue di averli stuprati dal punto di vista legale, il polacco Morawiecki rivendica il rifiuto ad approvare quel paragrafo e rassicura i suoi elettori, che tra una settimana si recheranno alle urne, che saranno al sicuro sotto il dominio del Pis. La frattura della coppia di Visegrad ha suscitato il disappunto dell'anfitrione, Pedro Sanchez, che fa notare come sia stata l'Italia a chiedere «di incorporare un punto all'ordine del giorno» sulla migrazione mentre «il vertice di Granada era stato convocato in primo luogo per parlare dell'agenda strategica europea». Meloni dice di comprendere perfettamente le ragioni di Varsavia e Budapest, dal loro punto di vista. Il loro "no", ha spiegato la premier, non è contro la strategia italiana sui flussi irregolari ed è legato al fatto che «a maggioranza si sia deciso qualcosa che i precedenti Consigli, loro dicono, avevano stabilito si dovesse decidere solo all'unanimità. Ragioni che sono però anche frutto di una vecchia impostazione - afferma la premier - ormai superata. Quella della redistribuzione e dei ricollocamenti, che non è più una priorità, e che anzi può rappresentare un pull factor, un richiamo, e un tentativo di voler «risolvere il problema in casa sua scaricandolo su un altro». 

 

 

Lotta ai trafficanti, dunque, passando alla fase operativa del piano in 8 punti di Italia, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Albania e Commissione europea, ma anche nuove risorse e accordi completamente diversi con i paesi di origine e transito perché, spiega Meloni, «non si tratta di mettere risorse per bloccare la migrazione ma per costruire delle partnership strategiche». Il vertice nella città andalusa è stata anche l'occasione perla premier per avere un bilaterale tête à tête con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in cui i due hanno sottolineato la necessità di trovare «accordi» con i Paesi di provenienza e di transito per favorire i percorsi migranti legali per lavoratori qualificati e, allo stesso tempo, «semplificare le procedure» per i rimpatri dei profughi che non hanno i requisiti per lo status di rifugiati. La premier afferma che il cancelliere non ha chiesto di rendere la Tunisia paese non sicuro e che «sia consapevole del fatto che la strategia proposta dall'Italia è l'unica che può essere efficace». «Con Meloni, in modo molto pratico, abbiamo concordato che non lavoriamo gli uni contro gli altri, ma gli uni con gli altri», è stato il commento di Scholz.

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