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Pd, ossessione fascismo: ora se la prendono anche con le strade

Pietro De Leo
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Beato il Pd. Con quel che si ritrova, tra agenda pericolante, divisioni interne, incognite sul futuro, una leadership debole e auto-lesionista, riesce ad avere la serenità per ingaggiare le solite, vecchie, stantìe battaglie ideologiche. Una in particolare, la solita: l’antifascismo in assenza di fascismo. Che poi loro non lo sanno, che il fascismo non c’è più, o fanno finta di non saperlo. E l’effetto è un po’ soldato fantasma giapponese, quello che continuava a combattere, isolato, una guerra finita. Allora, i dem mettono in campo due proposte di legge, sia alla Camera che al Senato, per «riattualizzare la legge Scelba-Mancino», ha spiegato Sandro Ruotolo, giornalista e responsabile informazione e cultura del Pd. Tra le due proposte di legge, una mira ad introdurre un giro di vite su qualsiasi espressione di propaganda fascista e nazifascista, con reclusione fino a un anno e sei mesi; l’altra, invece, sancisce il divieto di intitolare strade, piazze, monumenti o sacrari a esponenti del partito o dell’ideologia fascista. Non si tratta, osserva la capogruppo Pd alla Camera Chiara Braga, di «un’operazione nostalgia, ma vogliamo tutelare una memoria collettiva». Ovviamente, il mirino ideologico è puntato sempre contro Giorgia Meloni, con quella snervante richiesta dell’esame di storia: «Cerca di presentarsi come moderata in Europa - osserva ancora Ruotolo - allora sostenga le nostre proposte di legge antifascista. Da che parte sta?».

 

 

Poi ci sono gli evergreen. Tipo la deputata Laura Boldrini, a sostenere «due testi che hanno un fondamento solido che è la nostra Costituzione, nata dalla lotta antifascista e fondata su quei valori. Due testi necessari mentre assistiamo ad un sistematico tentativo di riscrivere la storia e di prendere le distanze dalla Resistenza». Andrea De Maria, deputato, invece sottolinea il lato della toponomastica (anche questo tema ricorrente): «È indecente intitolare vie e piazze a gerarchi o esponenti del fascismo. Oggi non c’è un provvedimento che impedisce di farlo. Noi individuiamo figure specifiche e se la legge fosse in vigore, non ci potrebbe essere nessuna strada dedicata ad Almirante». Proprio sul leader storico del Movimento Sociale Italiano, nel corso degli anni si sono scatenate guerre puniche all’interno di consigli comunali (e non solo) alla sola proposta di intitolargli alcunché, con partiti della sinistra, Anpi e associazioni di varia sfumatura progressista leste alla protesta e alla mobilitazione.

 

 

Da Fratelli d’Italia, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli contesta la concezione del Pd: «Almirante – spiega - fu tra i primi del secondo dopoguerra a democratizzare la destra. Disconoscerlo sarebbe per paradosso come negare che l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, scomparso pochi giorni fa in un commosso abbraccio bipartisan, abbia radicalmente modificato le proprie posizioni passando dall'esaltazione delle occupazioni sovietiche di Budapest e di Praga alla fondazione del filone riformista del Partito comunista Italiano, che poi si sarebbe evoluto fino all'attuale Pd». Dunque, «la sinistra dovrebbe riconoscere il ruolo storico che ebbe Almirante strategico per il consolidamento della fragile democrazia italiana, invece di rincorrere fantasmi». Sempre dal partito di Giorgia Meloni, Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro osserva: «Vietato intitolare strade e vie ad Almirante? È dal 1968 che la sinistra italiana, priva di una sua identità, si accontenta di essere le specchio convesso e deformante della sinistra americana: dalla cancel culture alla stupid culture». Un copione sempre uguale a se stesso, dunque, del quale il Pd evidentemente non ha ancora ben colto l’effetto distanziante rispetto alle aspettative dell’opinione pubblica.

 

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