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Forza Italia, la promessa di Antonio Tajani: a quanto punta il partito

Gianni Di Capua
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«Sono convinto che tra uno, due anni, arriveremo al 20 per cento, soltanto perché abbiamo delle buone idee...». Antonio Tajani chiude la «tre giorni» di Paestum, iniziata con il B day in memoria del Cav, tra il ricordo dei tempi d’oro e fuochi di artificio. L’eredità lasciata dal fondatore di FI è pesante, incombono le europee con dietro l’angolo il rischio di flop, e il segretario prova ad alzare l’asticella, indicando un obiettivo a doppia cifra, che appare molto ambizioso. Il «nuovo corso di Antonio», come lo chiamano i suoi fedelissimi, inizia ufficialmente oggi con il via libera del Consiglio nazionale al pugno di ferro contro i «morosi» (chi non paga la quota di 900 euro al mese decade dagli incarichi di partito), la blindatura del simbolo con dentro il nome Berlusconi e l’allargamento della segreteria a 4, compreso il vicario (il più votato), «maggiori poteri» ai congressi provinciali chiamati per la prima volta a eleggere anche i delegati nazionali e il Ponte di Messina intitolato a Silvio, opera simbolo per il rilancio del Sud.

 

 

 

Tajani di fatto apre la fase congressuale, che per ora lo vede unico candidato, assicura di voler «costruire sul marmo» il suo «progetto politico», fatto «non di slogan», ma di «proposte concrete». Il ministro degli Esteri e vicepremier fa sentire la sua voce in platea, serra i ranghi, cerca di rassicurare chi si sente orfano di Berlusconi, invita a stare uniti, lanciando così un messaggio alle correnti interne in vista delle europee, perché sa benissimo che quella siglata all’hotel Ariston, sede della kermesse forzista, non è una vera e propria pace, ma una tregua (per tanti armata). E proprio il voto di Bruxelles sarà lo spartiacque che tanti temono e che il numero uno azzurro vuole trasformare in un nuovo inizio. «Io sono ottimista, sono convinto che più passa il tempo, più cresceremo e più si renderanno conto che qui c’è gente seria che non parla a vanvera», assicura. Prima di lui sul palco è salita Licia Ronzulli che fino ad ora ha tenuto un low profile. La capogruppo al Senato (considerata la capofila dell’area in competizione con quella, prevalente, dei tajaniani, che fanno asse con i fedelissimi di Marta Fascina), mostra una pesca per ironizzare sullo spot della Esselunga di una «sinistra senza idee», lancia un ramoscello d’ulivo al segretario («Mi fido di Antonio, guarda al nostro futuro») e propone di allungare di un mese il tesseramento per consentire ancora l’iscrizione a chi vuole, «senza che questa scelta abbia effetti sui tempi che ci siamo dati per la realizzazione del Congresso nazionale». Una proroga che suona come un invito a fare un Congresso vero, aperto a tutte le diverse sensibilità, venendo incontro alle richieste di Tajani. Una mossa, inoltre, per tenere aperta la vera partita, quella sui congressi provinciali, dove si farà la conta per l’elezione dei delegati che voteranno alle assise nazionali. La proposta arriva dopo l’annuncio del responsabile nazionale delle tessere, Tullio Ferrante, il deputato più vicino alla compagna del Cav: «Siamo un partito vivo e vitale, gli iscritti sono triplicati. Siamo passati dai 6mila del 2022 ai quasi 18mila del 2023».

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