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“Bossi-Fini ormai da archiviare”. Da chi arriva l'assist al governo Meloni

Giuseppe China
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«Con l’attuale architettura istituzionale europea modificare il Trattato di Dublino è impossibile, perché servirebbe l’unanimità di tutti i Paesi membri dell’Ue. Come ha detto lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, "alcune norme sono preistoriche"». Non usa giri di parole l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, per spiegare l’attuale impasse in cui si trova l’Europa e non solo («visto che ormai siamo di fronte a un tema di carattere globale») sullo spinoso tema dei flussi migratori. E se non ci saranno cambi di passo, in grado di incidere in maniera sostanziale «la situazione non può far altro che peggiorare». Alla base del ragionamento dell’ex leader di An Fini ci sono pure i numeri che «non sono né di destra né di sinistra. Nel 2050 la sola Nigeria avrà una popolazione pari a quella di tutti gli Stati europei. Il fenomeno migratorio oggi è abissalmente diverso rispetto a quando è stata varata la Bossi-Fini: una norma di 22 anni fa, ormai adulta e maggiorenne. Attualmente rispetto al passato - ha spiegato Fini durante l’evento «Italian conservatism», organizzato da Fondazione Tatarella e Nazione Futura a Roma - ci sono tantissime donne e minori non accompagnati che nei decenni precedenti non avevano mai raggiunto i recenti picchi».

 

 

E ancora: «La Bossi-Fini si confrontava con migranti definiti economici che già allora pensavano di andare in Francia o Germania per lavorare, ma in molti casi erano già sul territorio nazionale e lavoravano in nero. L’impianto valoriale alla base di quella legge era: "Ti garantisco il permesso di soggiorno se hai un reddito da lavoro". E a quella norma è seguita una maxi sanatoria che comportò delle entrate rilevanti per le casse dello Stato, dato che emersero 300.00 lavoratori in nero». A complicare il quadro attuale anche il fatto che alcuni «Stati non esistono più. Penso alla Libia, dilaniata dalla guerra civile, o alla Siria. In più ci sono le conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina». Tra le poche certezze il fatto che il nostro Paese venga considerato come «la porta più vicina per entrare in quello che loro considerano l’El Dorado».

 

 

Inevitabile che il tema immigrazione venga declinato anche alla luce delle recenti polemiche tra Italia e Germania. Incalzato dalle domande del giornalista Luca Telese, lo storico leader di An replica: «Sono d’accordo con chi sostiene che i migranti salvati in mare debbano essere portati nel Paese di cui batte bandiera la Ong che è intervenuta in loro soccorso». Dunque per cercare di mettere un freno a una situazione a dir poco complessa ci sono sostanzialmente due possibilità: agire a livello europeo e con i Paesi di origine, che «è quello che sta facendo il governo Meloni». Nella fattispecie l’ex presidente della Camera Fini assicura che si tratta di sfide complesse, dato che «stringere accordi bilaterali con alcune nazioni è molto difficoltoso. Per essere più chiari alcuni Paesi si rifiutano di riprendere i loro cittadini trasportati con i charter» che vengono disciplinati all’interno dei patti. «Sempre restando ai numeri, lo scorso anno da nostro Paese sono state rimpatriate 3.200 persone circa».

 

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